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LE STORIE

I nostri angeli nel fango di Valencia

Giacomo, lendinarese, è sposato con un’infermiera: “Sta portando aiuto nelle zone più colpite”

I nostri angeli nel fango di Valencia

Giacomo, lendinarese, è sposato con un’infermiera: “Sta portando aiuto nelle zone più colpite”

E’ una situazione senza precedenti quella con cui si sta trovando a fare i conti Valencia: la città spagnola è stata messa in ginocchio da Dana, fenomeno meteorologico estremo. A raccontare cosa sta succedendo sono i polesani, che, per studio o per lavoro, da anni o pochi mesi, vivono nel capoluogo andalusi.

“Mia moglie Chusa - racconta Giacomo Marabese, lendinarese d’origine ma ormai da molti anni a Valencia - si sta organizzando per portare il proprio aiuto professionale nelle aree colpite. E’ un’infermiera e con altri infermieri, medici e professionisti del settore sta andando sul posto, dato che là non c’è più niente, per portare servizi medici di base, anche solo per fare le punture a chi ne ha necessità visto che i centri medici sono stati rasi al suolo. Ci si sta organizzando con gli autobus per portare i volontari che servono e in questo momento sono davvero tanti”.

E aggiunge: “Una situazione senza precedenti quella che si sta vedendo in questi giorni. E’ vero che Valencia si trova in una zona che in questo periodo dell’anno è spesso sottoposta a forti precipitazioni, ma non si era mai vista una cosa del genere. Si parla ormai di più di duecento morti, oltre a centinaia e centinaia di sfollati. I danni materiali sono attualmente inquantificabili se si pensa che ancora è tutto fermo. Ci sono moltissime auto rimaste lì e si continuerà con questa situazione ancora per giorni, forse settimane”.

“Noi - prosegue - siamo stati fortunati perché viviamo nella zona Nord di Valencia che non è stata toccata, ma quanti vivono nella zona Sud sono in condizioni gravi. Sono sempre in contatto con un mio collega di lavoro che si trova ora solo fango attorno e una città collassata. Lui non ha ancora né acqua né gas, solo elettricità, ma ci sono anche persone senza la corrente. Penso anche che la gestione dell’accaduto non sia stata fatta alla perfezione, nel senso che nessuno era stato avvisato di un evento del genere e la vita stava continuando normalmente prima della piena, anche perché le piogge inizialmente non sembravano poi così abbondanti. Nel giro di poco tempo, il caos”.

“Qui - racconta invece Asia Stoppa, giovane studentessa che sta frequentando l’indirizzo di criminologia all’università europea - la situazione è pessima, ma ci stiamo organizzando tutti per pulire e aiutare le persone. Siamo anche tanti giovani a portare questo aiuto. Fortunatamente dove abito io non ci sono stati danni, anche se il tempo faceva molta paura con la pioggia battente e il forte vento. Ma ci sono paesini che sono ora un disastro, non ci sono parole per descrivere quello che si vede”.

E prosegue: “Il fiume che prima era secco da più di settant’anni, ora è colmo d’acqua. Valencia centro si è salvata perché, dicono gli spagnoli qui, Francisco Franco fece un’opera idraulica efficiente, dimenticando però le zone limitrofe che ora appunto non sono messe bene. Ci sono ancora tanti corpi di dispersi soprattutto nelle auto perché sono tutte ammassate. I problemi più gravi per tutti riguardano in primis l’acqua perché non ce n’è, l’altro che i mezzi di trasporto sono bloccati: la metro è distrutta. E’ inoltre spiacevole vedere che ci sono anche persone, soprattutto immigrati, che si stanno approfittando della situazione e vanno a rubare nei supermercati distrutti. Dispiace dirlo, ma è così”.

“Quanto a me - conclude Asia - l’università è ferma, ricominciamo la prossima settimana solo online. La sensazione è brutta perché mi sembra di tornare al periodo del Covid, ma capisco anche che in un’emergenza del genere non si possa fare altrimenti. Intanto continuiamo a spalare o a portare cibo e vestiti per chi ha bisogno”.

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