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Il consumo di suolo non si ferma

In un anno sono stati cementificati oltre 86 ettari, l’equivalente di più di 123 campi da calcio

Il consumo di suolo non si ferma

In un anno 86,24 ettari che sono andati persi in Polesine. Una superficie pari a oltre 123 campi da calcio, che è stata sottratta alle sue funzioni “naturali”, fra le quali produrre i frutti della terra, assorbire le piogge, ridurre il calore prodotto dall’irraggiamento solare, per destinarla a “altro”. Nel 2023 il Polesine ha detto addio a oltre 10 campi da calcio di terreno naturale al mese, con un consumo di suolo per abitante pari a 3,71 metri quadrati.

Il valore pro capite più alto di tutto il Veneto, che pure con 891 ettari è la prima regione per suolo consumato nel 2023 in valore assoluto. Una cifra che, rapportata agli abitanti del Veneto significa un consumo di 1,26 metri quadrati per ciascun residente. La quota nazionale è stata invece di “appena”, 1,09 metri quadrati per abitante. E pensare che l’Italia nel suo complesso nel 2023 ha perso circa 20 ettari al giorno, ricoprendo altri 72,5 chilometri quadrati, una superficie estesa come tutti gli edifici di Torino, Bologna e Firenze. Una crescita inferiore rispetto all’anno scorso, ma al di sopra della media degli ultimi 10 anni, 68,7 chilometri quadrati, solo in piccola parte compensata dal ripristino di aree naturali, poco più di 8 chilometri quadrati, dovuti in gran parte al recupero di aree di cantiere.

E’ quello che emerge dall’edizione 2024 del rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” a cura del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente presentato ieri nella sede Ispra di Roma.

“La perdita dei servizi ecosistemici legata al consumo di suolo - si spiega nella presentazione del rapporto - non è solo un problema ambientale, ma anche economico: nel 2023 la riduzione del cosiddetto ‘effetto spugna’, ossia la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, secondo le stime, costa al Paese oltre 400 milioni di euro all’anno. Un ‘caro suolo’ che si affianca agli altri costi causati dalla perdita dei servizi ecosistemici dovuti alla diminuzione della qualità dell’habitat, alla perdita della produzione agricola, allo stoccaggio di carbonio o alla regolazione del clima”.

Ecco, allora che il Polesine, che negli ultimi mesi ha fatto i conti in più di un’occasione con “bombe d’acqua” e connessi allagamenti, rischia di aggravare ulteriormente la propria “resilienza”. Così come per l’evento opposto, quello della siccità e del surriscaldamento eccessivo, visto che il suolo urbanizzato fa aumentare il caldo, a differenza del suolo naturale che lo assorbe.

Guardando ancora i numeri di quanto abbiamo perso, il totale del suolo consumato in Polesine è arrivato in tutto a 15.349 ettari. Si tratta dell’8,42% della superficie complessiva della provincia, ma in questo caso non si tratta della quota più alta, perché fortunatamente la provincia di Rovigo resta ancora una delle meno antropizzate del Veneto, che vede invece ormai cementificato, asfaltato e occupato l’11,86% del proprio territorio, ma è una percentuale più alta della media nazionale che, fortunatamente, si attesta ad una quota più bassa, pari al 7,16%.

Dopo Rovigo per incrementi pro capite nel 2023 in Veneto c’è Verona con 2,68 metri quadri e Belluno con 2,19, che resta però la provincia più intatta con appena il 2,84% del proprio territorio intaccato.

Nel rapporto si evidenzia come “dopo alcuni anni di stop, tra il 2022 e il 2023 si è assistito ad una ripresa dell’installazione di impianti fotovoltaici a terra. Nel 2023 per il Veneto si sono registrati 76,5 ettari, un incremento di circa il 10% rispetto alle precedenti installazioni. Inoltre, ci sono decine di impianti di prossima realizzazione già in fase di autorizzazione, che saranno installati su centinaia di ettari di suolo prevalentemente agricolo, con Rovigo che continua ad essere la provincia maggiormente interessata”.

E si fa proprio l’esempio, con foto di un impianto di 24 ettari a Badia Polesine, realizzato proprio fra 2022 e 2023. E proprio Badia Polesine con 24,79 ettari, è il comune polesano che nel 2023 ha consumato più suolo, seguito da Castelguglielmo con 13,89, Melara con 7,03, Salara con 5,75, Canda con 4,65, Villanova del Ghebbo con 3,71, Pincara con 3,58, Ariano nel Polesine con 3,36, Rovigo con 3,19. Rovigo, fra l’altro, con 1.908 ettari complessivi consumati è al sesto posto fra i comuni veneti, dopo Venezia, Verona, Padova, Vicenza e Treviso.

A seguire, nella classifica provinciale Frassinelle con 2,21, Adria con 2,09, Porto Viro con 1,54, Villamarzana con 1,39, Loreo con 1,31 e Lendinara con 1,17. Ci sono poi 24 comuni con meno di un ettaro consumato: Porto Tolle, Crespino, Castelnovo Bariano, Corbola, Rosolina, San Martino, Polesella, Arquà, Giacciano con Baruchella, Bergantino, Calto, Fiesso, Lusia, Pontecchio, Costa, Villadose, Canaro, Occhiobello, Ceregnano, Castelmassa, Fratta, Papozze, Villanova Marchesana, Trecenta. Solo otto i Comuni che sono stati virtuosamente sul consumo di suolo zero: Bagnolo di Po, Bosaro, Ceneselli, Gavello, Guarda, Pettorazza Grimani, Stienta e San Bellino, che però è con Castelgugliemo e Villamarzana quello con la più alqua quota pro capite di suolo consumato in assoluti. Tre Comuni, invece, sono stati ancora più virtuosi, perché sono riusciti a “recuperare terreno”, con un’inversione che, seppur limitata riporta indietro il consumo di suolo: Ficarolo e Gaiba, entrambi di di 0,25 ettari ciascuno e Taglio di Po con 0,22 ettari.

“Come si può parlare di obbligatorietà di polizze contro il rischio idrogeologico in un Paese, dove si continuano a consumare 20 ettari di territorio al giorno?”, chiede Massimo Gargano, direttore generale Anbi, che nota come “il report non solo segnala il costante e soprattutto ingiustificato consumo di suolo, ma dà un valore economico alla perdita di servizi ecosistemici: fra i 7 ed i 9 miliardi di euro all’anno. Il problema, quindi, non è solo ambientale ma, come andiamo sostenendo da tempo, un forte limite allo sviluppo di un Paese dove il territorio è il maggiore asset di attrattività. Ribadiamo quindi la richiesta di urgente approvazione della legge contro l'indiscriminato consumo di suolo, ferma da anni nei meandri parlamentari. Sarebbe una prima seria risposta ad un’emergenza per il sistema Paese”.

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