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ariano nel polesine

Mamma uccisa, vicino condannato

A sparare fu uno dei figli, ma la pistola non sarebbe stata conservata in modo appropriato

Mamma uccisa, vicino condannato

Due anni e sei mesi di condanna, per le ipotesi di reato di omessa custodia di arma e concorso in omicidio colposo. Più una provvisionale, ossia un anticipo del risarcimento, di 100mila euro.

Questa la sentenza di primo grado emessa ieri dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Rovigo, per la tragedia avvenuta il 28 marzo del 2023 in una abitazione isolata di Ariano nel Polesine.

Qui, una giovane mamma e moglie marocchina, di 31 anni, venne raggiunta alla testa da un colpo di pistola di piccolo calibro. Arrivata viva, ma in condizioni gravissime, in ospedale a Rovigo, venne dichiarata morta il giorno successivo.

Le scrupolose indagini dei carabinieri consentirono, in breve, di tratteggiare uno scenario davvero peculiare, per quanto profondamente tragico.

A esplodere il colpo fatale sarebbe stato uno dei due figli della donna, di meno di dieci anni. Forse un gioco, un gesto compiuto senza nemmeno potere lontanamente immaginare le sue implicazioni e quello che sarebbe seguito.

La chiave della vicenda divenne, a quel punto, capire da dove il bimbo avrebbe preso la pistola. La risposta arrivò in breve: secondo le indagini, dall’abitazione del vicino, che viveva nello stesso stabile, che comprendeva due appartamenti: il suo e quello affittato alla famiglia marocchina. L’uomo, infatti, avrebbe conservato l’arma in un cassetto, senza particolari precauzioni. Tra le due famiglie, poi, ci sarebbe stato un rapporto di frequentazione, così che appare logico immaginare che il piccolo non abbia avuto grosse difficoltà a capire dove fosse la pistola e, quindi, prelevarla, per gioco.

Le ipotesi di reato portate avanti dalla Procura furono, quindi, quella di omicidio colposo e quella di omessa custodia dell’arma. Anche la Procura della Repubblica presso il Tribunale dei minori aveva avviato accertamenti sulla vicenda.

Ieri, la sentenza di primo grado. L’imputato era difeso dall’avvocato Franco Modena, mentre la famiglia della vittima era costituita parte civile, con l’avvocato Giuseppe Tessarin.

“Accogliamo - dichiara l’avvocato Tessarin - con amara soddisfazione questa sentenza, perché ovviamente non può restituire la figura materna. L’obiettivo del padre in questa sede, chiedendo il risarcimento del danno, era comunque quello di potere dare ai figli la possibilità di avviare finalmente un percorso di sostegno psicologico”.

La difesa annuncia, invece, appello, una volta lette le motivazioni della sentenza.

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