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l'allarme

L'aviaria è qui: contagi tra la fauna selvatica

Un barbagianni, un cigno e due germani reali positivi

Aviaria, contagi tra la fauna selvatica

Un barbagianni moribondo, un cigno ormai spentosi, due germani reali appena cacciati.

Sono gli uccelli che sono stati trovati positivi all’aviaria fra i 5 e il 20 dicembre dalla rete di sorveglianza coordinata dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie. Già a fine novembre, sempre in Polesine erano stati trovati sei, fra alzavole e fischioni, contagiati dal virus. La cui presenza, dall’inizio dell’anno, è stata già riscontrata in quattro allevamenti di galline ovaiole in provincia di Mantova e in altri quattro allevamenti in provincia di Verona, due di tacchini, uno di polli e due di galline ovaiole. Contagi che, come da protocollo, comportano l’abbattimento di tutti i capi presenti nell’allevamento.

E, purtroppo, è già successo in 43 allevamenti avicoli da ottobre a oggi. Fra Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Tutte le province vicine alla nostra sono state colpite: Padova, Verona, Venezia, Ferrara e Mantova. Altissima, quindi l’attenzione in Polesine, dove sono presenti numerosi allevamenti e l’impatto del contagio potrebbe essere particolarmente presente. Per questo si monitorano attentamente anche gli uccelli selvatici. In questo caso, purtroppo, con vari riscontri di positività anche in questa provincia.

Fra l’altro, proprio il giorno dell’Epifania è stato confermato il primo decesso umano per influenza aviaria negli Stati Uniti. La vittima, un ultrasessantacinquenne, con patologie preesistenti, viveva in Louisiana e aveva contratto l’infezione da volatili da cortile e selvatici infetti. Un altro campanello di allarme di una pandemia iniziata già nel 2021, la più grande finora mai osservata in Europa, dove l’aviaria già si era affacciata a più riprese dal 2005. Una pandemia che ha già fatto milioni di vittime fra uccelli, polli e tacchini da allevamento anche in Italia.

Due anni fa in Cambogia padre e figlia erano stati infettati dallo stesso virus dell’aviaria per il contatto con animali già infettati, e la giovane è poi deceduta.

Nel rapporto sull’influenza aviaria di dicembre dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare, del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e del Laboratorio di riferimento dell’Ue si rileva che, “sebbene non vi siano prove della diffusione dell’influenza aviaria da uomo a uomo, gli Stati Uniti stanno assistendo a un’impennata significativa di casi tra i bovini, con più di 800 allevamenti colpiti in 16 Stati; la maggior parte dei casi è stata segnalata in California, dove il virus è stato riscontrato anche in due lotti di latte crudo venduti al dettaglio”. E, in Europa, “Sebbene il numero complessivo di casi di influenza aviaria rimanga basso rispetto agli anni precedenti, l'ultimo trimestre dell'anno ha visto un aumento dei casi nei volatili selvatici e domestici”.

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