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L'anniversario

“In auto sull’Adige gelato”: i ricordi dei polesani del grande freddo del 1985

“I tubi dell’acqua saltarono”, “poi tutti a pattinare sui fossi”. E la storia di una Due cavalli sul fiume.

Arriva il freddo, ma non come quella volta. Adige e Po ghiacciati, questa è storia

L'Adige ghiacciato nel 1985

Sono molti i ricordi, e anche qualche leggenda metropolitana, tornati alla mente dei polesani in questi giorni, in occasione dei 40 anni dalla gelata che ha colpito il Polesine nel gennaio del 1985. Le temperature scesero abbondantemente sotto lo zero e la neve continuò a cadere ininterrottamente per alcuni giorni raggiungendo anche i 40 centimetri di altezza. La cosa che maggiormente impressionò i polesani fu la improvvisa ghiacciata di tutti i canali ma, soprattutto dell’Adige.

Molte sono le immagini di gente che scese nel letto del fiume per camminare sul ghiaccio ma i racconti e i ricordi di quei giorni sono molteplici. “Ricordo che in quel periodo stavo prestando il servizio di leva a Sant’Urbano (Padova) - racconta Nini - Il freddo era iniziato l’ultimo dell’anno durante una giornata limpida e secca, improvvisamente le temperature iniziarono a scendere tanto che la domenica successiva che, se non ricordo male era il giorno dell’Epifania, avevano addirittura sospesa la partita di calcio a Roma per la tanta neve che scendeva. Il riscaldamento in caserma, come in molte case, era rotto perché i tubi si erano ghiacciati e una mattina, dopo essermi fatto la barba, sono uscito e ho respirato profondamente perché non avevo mai sentito una temperatura così bassa. Per il freddo mi si era bloccata la mandibola e per scaldarmi nel tentativo di riuscire nuovamente a muoverla, mi ero chiuso nel Fiat 900 dei carabinieri e avevo acceso il riscaldamento”.

Sono in molti a ricordare tubi ghiacciati, riscaldamento fuori uso e alberi spezzati dopo che l’acqua si era congelata nelle diramazioni delle piante.

“Le strade erano praticamente impercorribili e i negozi di alimentari erano senza merce perché non si facevano le consegne, il paese era rimasto senza luce per 2 o 3 giorni - ricorda Silvano, carabiniere in pensione che nel 1985 faceva servizio in Polesine - Poi, quando la neve ed il ghiaccio hanno iniziato a sciogliersi, il pericolo è diventato l’enorme quantità di acqua, tanto che venivano monitorati gli argini dell’Adige per pericolo di esondazioni”.

“Era tutto ghiacciato e le temperature erano basse come non erano mai state - ricorda Attilio - Io ero andato sull’argine dell’Adige per fotografare le ‘beazze’ (ghiacci fluttanti sotto forma di lamelle n.d.r.) ma non sono riuscito perché mi si è ghiacciata la tendina della reflex”. “All’epoca lavoravo e ricordo che abbiamo dovuto fermarci alcuni giorni perché i silos degli impianti di verniciatura si erano completamente ghiacciati”, ha aggiunto Gianni.

Ma c’era anche chi ha approfittato di ghiaccio e neve, cogliendo l’occasione per divertirsi o per compiere qualche goliardata. “Noi ragazzi stavamo andando a mangiare la pizza a piedi e, invece di attraversare l’Adigetto sul ponte, siamo passati dall’altra parte passando per il canale ghiacciato - racconta Danilo, all’epoca sedicenne - Poi, nei giorni successivi, approfittando della grande quantità di neve, siamo andati nel piazzale del cimitero per vedere i più grandi che facevano i testacoda con la macchina. Ricordo anche che, uno di quei giorni, praticamente tutto il paese di Badia si era ritrovato in piazza per una grande guerra di palle di neve”. “Assieme ad alcuni amici abbiamo passato una giornata intera - aggiunge Stefano - scivolando sul ghiaccio dell’Adigetto utilizzando come slittini il coperchio della cucina economica”.

In quelle giornate le strade erano bianche e deserte, e il silenzio regnava anche nel capoluogo polesano dove Fabio ha raccontato di essere uscito di casa per andare a fare sci di fondo per le strade della città tra lo stupore e il divertimento dei rodigini. E’ risultata vera anche la voce che circola da anni, relativa il fatto che qualcuno avesse deciso di scendere dall’argine dell’Adige per raggiungere il centro del fiume in macchina. Non si trattava però di una Fiat 500 ma di una Citroen 2 Cavalli. E non è una leggenda: esistono le fotografie.

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