VOCE
Agricoltura
13.01.2025 - 20:00
Negli ultimi dieci anni (2015-2025) la produzione di frutta fresca, di stagione, è calata di almeno un terzo in tutto il Polesine. Si tratta del dato più rilevante di un apposito studio di Cia Rovigo. I casi maggiormente eclatanti sono quelli del pero (-50%, oggi in provincia la superficie coltivata si estende su “appena” 485 ettari) e del kiwi (-50%, 183 ettari complessivi).
Giù di un terzo le rese del melo (440 ettari totali) e delle pesche e nettarine (80 ettari). “Si tratta di numeri che impongono una seria riflessione, anche e soprattutto sul futuro della nostra agricoltura – sottolinea Cia Rovigo – In primo luogo, stiamo risentendo degli effetti nefasti dei cambiamenti climatici, con prolungati periodi di siccità, si ricordi quanto avvenuto tra la primavera e l’estate del 2022, che si alternano a nubifragi intensi e allagamenti. Si pensi, a tal proposito, all’alluvione del maggio scorso”. Tra le cause della drastica riduzione delle rese, pure la proliferazione di insetti alieni, come la cimice asiatica, la cui criticità non è ancora stata definitivamente risolta: l’introduzione dell’antagonista vespa samurai in Veneto, nel giugno del 2020, non ha portato i risultati attesi.
“Occorre inoltre considerare l’ormai costante diminuzione delle superfici agricole”, precisa il direttore di Cia Rovigo, Paolo Franceschetti. Non solo. Negli ultimi mesi l’Ue ha vietato diversi prodotti fitosanitari che erano strategici per la lotta a molteplici parassiti. In altri termini, chiarisce lo stesso Franceschetti, “Bruxelles costringe gli imprenditori agricoli ad utilizzare sempre meno mezzi tecnici a difesa delle nostre coltivazioni. Si guarda con favore all’accordo di libero scambio commerciale tra l’Europa e il Mercosur, ma in Brasile vengono avvallati decine di fitosanitari”. Negli Stati Ue, invece, “stiamo andando nella direzione opposta; è chiaro che a queste condizioni non siamo in grado di tenere il passo dei nostri competitor”.
La decrescita della produzione ha pesanti ripercussioni sui cittadini, che vedono aumentare esponenzialmente i prezzi. “A cascata, le famiglie ne acquistano di meno – aggiunge il direttore – Nel contempo, agli agricoltori restano minori margini di guadagno. In pratica, un’equazione in perdita tanto per i consumatori che per i produttori”. “Oggi più che mai serve una reale applicazione della legge del 2021 contro le pratiche commerciali sleali. Gli agricoltori beneficerebbero di un equo reddito, mentre ai prodotti verrebbero finalmente applicati dei prezzi corretti”.
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