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L’incontro

Ranucci, “la scelta” della verità

Il popolare conduttore di Report ha presentato il suo ultimo libro a Porto Viro e a Lendinara

Ranucci, “la scelta” della verità

Il popolare conduttore di Report ha presentato il suo ultimo libro in una sala Eracle gremita

La scelta è il coraggio di fare il giornalismo d’inchiesta. E’ il senso del libro “La scelta” di Sigfrido Ranucci, presentato ieri pomeriggio alla sala Eracle. Una sala Eracle a dir poco stracolma. E stesso seguito a Lendinara. 

Ranucci, popolare conduttore della trasmissione televisiva Report è stato al centro dell’incontro della rassegna “Incontri con l’autore” organizzata da fondazione Aida in collaborazione con Provincia e diversi Comuni polesani. A dialogare con Ranucci Alberto Garbellini, direttore de La Voce di Rovigo.

In “La scelta” Ranucci racconta alcune delle più importanti inchieste giornalistiche portate avanti da inviato di Rainews e da conduttore e inviato di Report, dalla battaglia di Falluja al crac di Parmalat, dalle inchieste sulla mafia, ad altri scandali politici e finanziari degli ultimi decenni.

Sulla battaglia di Falluja, ha rimarcato “l’importanza del direttore di Rainews24 Roberto Morione, che ha sempre difeso lo scoop dell’uso della armi al fosforo, scoop che ha fatto conoscere Rainews24 al mondo e che ha avuto più risonanza all’estero che da noi e questo la dice lunga sulla libertà di stampa dalle nostre parti”.

Attraverso le domande di Garbellini il giornalista televisivo ha così potuto spiegare al pubblico le difficoltà di portare avanti inchieste giornalistiche per andare a toccare segreti e misteri legati ai rapporti fra politica, finanzia, affarismo. Una sorta di viaggio attraverso tante pagine buie, avendo sempre come faro la necessità di fare informazione con l’unico punto di riferimento rappresentato dal pubblico.

E sono tanti gli aneddoti citati nel libro ed emersi ieri in sala Eracle, come il ritrovamento dell’ultima intervista al giudice paolo Borsellino, rilasciata dal magistrato a due giornalisti francesi prima della strage di via D’Amelio. O come l’incontro fortuito, in Sicilia, con un uomo che solo anni dopo si venne a sapere essere Matteo Messina Denaro, per anni boss di Cosa nostra e latitante.

“Io sono giornalista d’inchiesta fin nel midollo - ha scritto e detto Ranucci - e lo sono da prima di esserlo diventato”, per spigare la sua totale dedizione a quella che lui ritiene una sorta di missione professionale.

Dopo aver raccontato della scoperta del tesoro di Tanzi, in opere d’arte, Alla domanda sul rapporto fra giornalismo d’inchiesta e l’uso della telecamera nascosta ha spiegato che ha un ruolo fondamentale, perché altrimenti tante volte l’interlocutore non dice tutto quello che dovrebbe dire, ma che al tempo stesso bisogna darsi delle regole e il giornalista deve comunque fare doppie verifiche rispetto al normale e stare sempre attenti che quello che viene ripreso non possa arrecare danno ad eventuali vittime.

Alla fine, lunga fila per farsi autografare il libro. 

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