VOCE
il caso
04.03.2025 - 09:06
La battaglia degli ordini dei medici contro la proposta di legge che vuole rendere dipendenti delle aziende sanitarie i medici di base, passa anche dal Polesine, dove si schiera decisamente contro Francesco Noce, presidente della Federazione regionale degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri del Veneto e di Rovigo.
“Il medico di medicina generale non può essere un medico intercambiabile - esordisce Noce - perché conosce la persona e la sua storia clinica, sia del paziente e dei familiari, ha un approccio olistico. Inoltre, la medicina generale deve essere una medicina di prossimità, vicina all’assistito, così non sarà nelle case di comunità, che distano anche 30-40 minuti. Pensiamo ai pazienti anziani, che sono sempre in numero maggiore, come fanno a raggiungere questi luoghi di cura?”.
In Polesine sono 5 le case di comunità che sorgeranno nella provincia, “in una provincia distribuita in lungo come quella di Rovigo, si rischia davvero di rendere difficile la vita ai pazienti. Da studi della Cgia si percorrono dai 30 ai 40 minuti per raggiungere questi luoghi, altro che medicina di prossimità”.
Nelle case di comunità finanziate con il Pnrr per 2 miliardi, secondo questo progetto di legge su cui puntano le Regioni e il governo con il ministro della Salute Orazio Schillaci, lavorerebbero dai 20 ai 30 medici. “Ognuno di questi medici visita dalle 40 alle 50 persone al giorno fisicamente, moltiplicato per 20-30 significa 1200 persone al giorno - fa un rapido contro il dottor Noce - Ci vorrebbe dunque uno stadio per tutte queste persone afferiscono alla stessa casa di comunità”.
Il problema, secondo Noce, è che il progetto delle Case di comunità è un progetto vuoto, da riempire. “Siamo disposti a sederci a un tavolo, per capire come far partire queste case di comunità, ma non a cedere sul rapporto dipendente che prevede 18 ore in casa di comunità e 20 in ambulatorio. La medicina generale in Italia costa 4 miliardi - continua Noce - con la dipendenza verrebbero quadruplicati secondo alcuni studi i medici sarebbero assunti come dirigenti, dunque bisognerebbe pagare gli studi, le spese energetiche, i mezzi per spostarsi. E poi, le visite domiciliari chi le farà? Chi laverà i camici, gli infermieri, il personale di segreteria, i computer e i software?”.
Insomma, per il presidente dell’Ordine dei medici, è una riforma che fa acqua dappertutto. “Per non parlare della contribuzione. Passeremmo all’Inps, che costa di più della nostra Enpam. I vecchi medici di base andranno prima in pensione e i giovani non accederebbero nemmeno alla categoria. Con buona pace, come ho detto, della medicina di prossimità”. Insomma, per i medici di base, anche a Rovigo, ci sono margini di miglioramento.
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