VOCE
ECONOMIA
23.03.2025 - 08:45
L’impatto delle tariffe potrebbe essere modesto per la natura merceologica dei prodotti veneti
L’introduzione dei dazi voluta dall’amministrazione Trump potrebbe penalizzare le esportazioni del Veneto in misura abbastanza contenuta. A differenza del resto del Paese, infatti, la nostra regione presenta una elevata diversificazione dei prodotti venduti nei mercati esteri. Pertanto, se dopo l’acciaio, l’alluminio e i loro derivati gli Usa - e a cascata altri Paesi nel mondo - decidessero di innalzare le barriere commerciali di altri beni, gli effetti negativi per il nostro sistema produttivo veneto potrebbero essere modesti, rispetto ai territori dove l’export è fortemente condizionato da pochi settori merceologici.
Lo dice l’Ufficio studi della Cgia, che ha analizzato l’indice di diversificazione di prodotto dell’export per regione, parametro che pesa il valore economico delle esportazioni dei primi 10 gruppi merceologici sul totale delle vendite all’estero. Laddove l’indice di diversificazione è basso, tanto più l’export regionale è differenziato, risultando così meno sensibile a eventuali sconvolgimenti nel commercio internazionale. Diversamente, tanto più è elevata l’incidenza del valore dei primi 10 prodotti esportati sulle vendite all’estero complessive, quel territorio risulta essere più esposto alle potenziali congiunture negative del commercio internazionale.
Dunque, secondo questo studio, la regione che a livello nazionale presenta l’indice di diversificazione peggiore è la Sardegna (95,6%), dove domina l’export dei prodotti derivanti della raffinazione del petrolio. Seguono il Molise (86,9%) - caratterizzato da un peso particolarmente elevato della vendita dei prodotti chimici-materie plastiche e gomma, autoveicoli e prodotti da forno - e la Sicilia (85%), che presenta una forte vocazione nella raffinazione dei prodotti petroliferi. Tra le realtà territoriali del Mezzogiorno, solo la Puglia presenta un livello di diversificazione molto alto (49,8%). Un dato che la colloca al terzo posto a livello nazionale tra le regioni potenzialmente meno a rischio da un’eventuale estensione dei dazi ad altri prodotti merceologici.
Ad eccezione della Puglia, le aree geografiche teoricamente meno in pericolo sono tutte del Nord. La Lombardia (con un indice del 43%) è ipoteticamente la meno coinvolta. Seguono il Veneto (46,8%), la Puglia (49,8%), il Trentino Alto Adige (51,1%), l’Emilia Romagna (53,9%) e il Piemonte (54,8%).
In particolare, nel 2024 le vendite venete all’estero hanno toccato gli 80,1 miliardi di euro, 1,5 miliardi in meno (-1,8%) rispetto ai risultati ottenuti nel 2023. A livello nazionale la regione leader rimane la Lombardia con 163,9 miliardi di vendite all’estero. Seguono l’Emila Romagna con 83,6% e, come dicevamo, il Veneto con 80,1%. Da segnalare il quarto posto raggiunto dalla Toscana che, grazie in particolare ai medicinali e alla lavorazione di gioielli e pietre preziose, con 63 miliardi ha superato il Piemonte. Regione, quest’ultima, che purtroppo sconta la grave crisi che ha colpito in tutta Europa il settore dell’automotive.
Sul fronte provinciale, Milano è la provincia d’Italia più vocata all’export, con 57,9 miliardi registrati nel 2024 rimane leader incontrastata. Seguono Torino con 25,7 e Firenze con 24,5. Grazie alla vendita all’estero dell’oreficeria e dei medicinali/preparati farmaceutici, il capoluogo regionale toscano è balzato prepotentemente al terzo posto a livello nazionale. Subito fuori dal podio scorgiamo Vicenza con 22,7 miliardi, Bergamo con 20,6 e Brescia con 20,1.
Ma nell’ultimo anno tutte le sette province venete hanno subito una contrazione delle esportazioni. Venezia è la realtà che ha subito la flessione più pesante: -9%. Seguono Belluno con il -4,9%, Rovigo con il -2% (per un importo di 35 milioni e 600mila euro), Treviso con il -1,7%, Vicenza il -1,1%, Padova -0,4% e Verona il -0,2%.
La voce merceologica veneta più venduta al mondo è costituita da altre macchine di impiego generale (forni, bruciatori, sistemi di riscaldamento, macchine e apparecchiare di sollevamento/manutenzione, eccetera). Nel 2024 il valore economico ha cubato 5,9 miliardi di euro (-0,4% rispetto al 2023). Seguono gli strumenti e le forniture mediche e dentistiche con 5,4 miliardi (-0,7%), comparto, quest’ultimo, che è fortemente condizionato dall’occhialeria. Dopodiché scorgiamo le altre macchine per impieghi speciali (per la metallurgia, l’industria alimentare, per lavanderie, il Tac, eccetera), con 4,8 miliardi (-2,9%) e l’abbigliamento con 3,7 miliardi (-5,6%). Tra le primissime posizioni segnaliamo lo score ottenuto dalle bevande (compreso i vini) che l’anno scorso sono cresciute del 7% e la gioielleria/lavorazione pietre preziose (+12,1%).
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