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Domani i dazi, rischio da 72 milioni

L’allarme di Zaia: “E’ il giorno di un nuovo cigno nero. Non c’è tempo, bisogna agire con urgenza”

Domani i dazi, rischio da 72 milioni

“Siamo alla vigilia di un giorno cruciale per l’economia mondiale. Se saranno confermati i dazi universali al 20% per tutti gli scambi commerciali con gli Usa, il 2 aprile rischia di non essere il ‘giorno della liberazione’ annunciato da Trump, ma il giorno di un nuovo cigno nero, dopo la pandemia e le guerre in Ucraina e Israele”. Lo dice il governatore del Veneto Luca Zaia, analizzando i dati dell’ufficio statistica della Regione sull’export dal Veneto agli Usa, nei vari settori merceologici.

Un volume economico che ha visto dal 2019 al 2024 un aumento del 29,8%, e che oggi sfiora i 7,3 miliardi di euro, sostenuto dalle vendite di produzioni meccaniche (quasi un miliardo e 650 mila euro) e di strumenti e forniture mediche, con il comparto dell’occhialeria bellunese che da solo vale circa un miliardo e 200mila euro.

Di questo enorme interscambio con gli Usa, il Polesine rappresenta appena l’1%, con esportazioni che nel 2024 si sono fermate a 72,6 milioni di euro. E dire che soltanto pochi anni fa, nel 2020, l’export polesano verso gli Stati Uniti aveva toccato l’incredibile quota di 590 milioni di euro, sfiorando l’11% dell’intero commercio a stelle e strisce del Veneto.

Ora (il dato di riferimento è quello del 2024) siamo scesi a 72,6 milioni: la quota più bassa degli ultimi sei anni, con una variazione in negativo del 20% rispetto al 2023, quando le aziende polesane avevano fatto affari con gli Usa per quasi 91 milioni di euro, e una contrazione addirittura del 58,6% rispetto al 2019 (mentre la media veneta nel frattempo è aumentata quasi del 30%), quando il fatturato verso gli Usa toccò i 175 milioni di euro. Impietoso il confronto con il 2020 dei record, rispetto al quale si è perso l’87,6% del volume d’affari. A fare la differenza, quell’anno, le performance - legate alla pandemia - dell’industria di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici, con la Fresenius Kabi Ipsum di Villadose che da sola fatturò 850 milioni di euro verso l’estero. Ma quell’anno notevole fu anche il balzo in avanti dell’agricoltura, settore importantissimo per il Polesine, che fece segnare un +26,7% di esportazioni, le lavorazioni di vento, cemento, gesso, e la manifattura in generale.

Superato il 2020, negli ultimi tre anni il volume d’affari delle aziende polesane verso gli Usa si è ridotto progressivamente, passando dai 101 milioni del 2022 al 90,9 dell’anno successivo e fino ai 72,6 dell’anno scorso. E i dazi all’orizzonte non possono che aggravare una situazione già in passivo. “Ho voluto approfondire perciò i rischi che correrebbe l’economia veneta dai dazi americani, e i dati sono impressionanti - dice infatti Zaia - bisogna trovare a breve un accordo, in forza del legame esistente e oggi politicamente più forte che mai”.

A rischiare di più, in base ai dati provinciali, è la provincia di Vicenza che da sola vale il 30% degli scambi commerciali veneti con gli Usa, per quasi due miliardi e 210mila euro complessivi, valore comunque in diminuzione del 4,7% rispetto al 2023. A crescere del 5,1% sono la provincia di Treviso con 1,3 miliardi di euro di valore dell’export, e quella di Verona con un +6,2%, grazie anche al vino. Quest’ultimo è valso al Veneto, nel 2023 (dato 2024 non ancora disponibile), un valore di 592 milioni di euro, in leggero calo sul 2022 che aveva visto invece un boom di vendite verso gli Stati Uniti.

“Nell’assenza di un’azione europea, sulla quale ormai pochi dubbi restano - conclude Zaia - l’Italia faccia valere il proprio rapporto privilegiato con gli Stati Uniti. Parlino le diplomazie, non i dazi: si trovi il modo di riallineare un mercato globale che potrebbe solo soffrire da una politica protezionistica. Ora non c’è più tempo, bisogna agire con urgenza”.

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