VOCE
rovigo
15.04.2025 - 23:00
Un caso di scabbia alle superiori. E scatta la profilassi. Oltre che un po’ di preoccupazione nella classe alla quale è stato rivolto l’avviso, nonostante nel “Manuale per la prevenzione delle malattie infettive nelle comunità infantili e scolastiche”, redatto dalla Regione Veneto e dall’Istituto scolastico regionale venga bollata come di “gravità lieve” e con “rischio di diffusione nella scuola molto basso”.
E’ stata l’Ulss Polesana ad individuare, lunedì, un paziente affetto da scabbia, trasmettendo quindi, da protocollo, la segnalazione alla scuola. Ovvero, l’Istituto Viola-Marchesini di Rovigo. E, a sua volta, il dirigente scolastico ha inviato a genitori e alunni, al personale docente e al personale amministrativo, tecnico e ausiliario relativo alla classe interessata dal caso, la segnalazione e le indicazioni arrivate dall’Ulss.
Non è la prima volta che si verifica un caso del genere in una scuola polesana. Solo in tempi recenti è successo alla scuola elementare Miani, due casi esattamente un anno fa, ma qualche anno prima altri casi alla scuola media Parenzo e in una struttura residenziale per anziani.
Anche se non si tratta di una patologia grave, ma solo un po’ fastidiosa, in questi casi il livello di allarme nelle famiglie che ricevono l’avviso è sempre molto elevato.
“E’ un’infiammazione fastidiosa, ma fatta la terapia con una pomata specifica, già dopo 24 ore la persona non ha nemmeno più bisogno di isolamento”, spiega la dottoressa Federica Fenzi, direttore dell’Unità organizzativa complessa di Igiene e Sanità Pubblica dell’Ulss Polesana. “Quando abbiamo un caso di scabbia - spiega - il Sisp effettua un’indagine epidemiologica per vedere fattori di rischio e fonti di esposizione e fornisce sul caso clinico indicazioni su prescrizioni e terapia rimandando poi al medico curante o pediatra. Oltre a questo, vengono contattati anche contatti stretti di familiari e se frequenta una comunità, come una struttura residenziale o scuola, anche tutti i contatti e gli contatti e operatori. In modo che prendano le dovute precauzioni. Per quanto riguarda le indicazioni, ci rifacciamo alle linee guida regionali per le malattie infettive. Con indicazioni pratiche come l’attenzione al cambio e al lavaggio ad alte temperature di vestiti, asciugamani e lenzuola. Stiamo parlando di un fastidio, ma dal punto di vista medico nulla di veramente preoccupante”.
Nel manuale regionale, si evidenzia come si tratti di una “infestazione della cute provocata acaro della scabbia che si manifesta con eruzione papulare eritematosa e intensamente pruriginosa nelle zone dove l’acaro si localizza scavando cunicoli e depositando le uova. Il prurito è più forte di notte. Le zone prevalentemente interessate sono gli spazi interdigitali, le superfici flessorie dei polsi ed estensorie dei gomiti, le pieghe ascellari anteriori, la linea della vita, le cosce, l’ombelico, i genitali, la parte inferiore delle natiche, l’addome, i capezzoli, i contorni esterni dei piedi”.
Sostanzialmente, si tratta di una “una parassitosi di modesta contagiosità e di scarsa gravità: il contagio avviene per contatto diretto cute-cute o, meno frequentemente, per trasmissione indiretta, ad esempio attraverso la biancheria e le lenzuola contaminate da poco tempo dalla persona infetta o anche attraverso oggetti”. Però, si sottolinea che “il paziente accusa intenso prurito, soprattutto notturno, che risparmia il viso e il cuoio capelluto e le lesioni da grattamento, dovute all’intenso prurito, possono essere così importanti da rendere difficile la diagnosi clinica”. In questo caso la malattia è stata individuata ed è stato avviato il trattamento. Quindi, in pratica il problema va già verso la totale risoluzione. Ma per le famiglie che hanno ricevuto l’avviso, l’apprensione resta”.
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