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addio papa francesco

Le sue ciambelle preferite erano polesane

Una storia affascinante

Le sue ciambelle preferite erano polesane

 “Dammi il senso dell'umorismo”. Può sembrare strano ma a scriverlo era un santo, Tommaso Moro, e a ripeterlo era anche Papa Francesco in più di una intervista rilasciata in questi anni. Già, se la povertà ne era la cifra stilistica - francescana nel nome ma graniticamente gesuita nell’essere - senz’altro anche la capacità di risata non era da meno, anzi. È questo il ricordo che don Licio Boldrin, classe 1940, parroco di Santa Maria Assunta e San Bartolomeo di Frassinelle Polesine, ha di Francesco, nelle volte in cui si sono visti e di quel 29 novembre 2016 impresso nella memoria, e anche nelle occasioni in cui la sua famosa ciambella, la “brazadela” assai popolare in paese, tipicamente polesana, era abitualmente sul tavolo, tutto romano, della colazione del papa.

“Casa Santa Marta - racconta Don Licio - ore 7.30. Andai a concelebrare la messa mattutina che il Papa faceva ogni giorno, in occasione del 50esimo della mia ordinazione. E’ stata breve e semplice: ho notato la semplicità con la quale celebrava, senza solennità o fronzoli. Ricordo, addirittura, che nella sacrestia c’era solo l’essenziale, una casula (paramento liturgico) per colore e nient’altro, se ne venivano regalate in più - mi riferiva monsignor Assunto ‘Tino’ Scotti (capo ufficio dell’archivio della Segreteria di Stato e cappellano delle suore di Santa Marta) - diceva: ‘Datele alle parrocchie più povere’. Voleva essere solo nel presiedere, si arrangiava, come un parroco senza campanari e chierichetti - aggiunge - Quel giorno, come era sua consuetudine, si poteva scambiare qualche parola con lui. Mi avvicinai e gli dissi di essere di Rovigo. Lui rispose: ‘Rovigo? Polesine? Ho capito e cosa fai? Risposi che celebravo il 50esimo di sacerdozio, sempre a servizio delle parrocchie, ho anche un’età. La sua risposta mi spiazzò: ‘Io non ho ancora fatto il 50esimo e non so neanche se ci arrivo - ridendo - però tu sei giovane, mica pensare di ritirarti eh! Avanti”.

E con commozione, don Boldrin aggiunge: “Gli raccontai del legame con Papa Luciani, della profonda amicizia con lui. E gli dissi che eravamo tutti in attesa della beatificazione (era il 2016 ndr). Lui replicò, stringendomi la mano e il braccio con entrambe le mani: ‘Aspettiamo il miracolo, se arriva. E sennò, lo facciamo santo lo stesso’. Mi colpì che non aveva assolutamente fretta, passava il tempo a parlare senza guardare l’orologio.

Ero solito portargli la mia ciambella fatta in casa e una bottiglia di prosecco. Lui gradiva il dono ma pensavo che, in qualche maniera, lo avrebbe dato a qualcun altro, invece - me lo ha confermato Scotti - il Papa era solito mangiarla a colazione con spremuta d’arancia, almeno finché non la finiva e gliene mandavo altre” - ricorda sorridendo - Si sedeva nel ‘cantòn’ della tavola, si offriva di lavare i piatti, stava in fila al self service: a me sembrava Papa Luciani. Rimarrà nella storia”.

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