VOCE
Ricordi del 25 aprile
25.04.2025 - 07:28
I nazisti presero i tre fratelli, li misero al muro, e fecero fuoco. Oggi si ricordano gli 80 anni dalla liberazione del nazifascismo, celebrando un 25 aprile 1945 di riscatto. Ma per molti, italiani, e molti polesani, il 25 aprile è anche il ricordo di sofferenze, lutti tragedie. Una Liberazione che non fu. Morti assurde, per quanto possano essere meno assurde le morti in guerra, a poche ore dalla salvezza. Sono le storie delle stragi dell’ultimo giorno, nelle quali le retroguardie tedesche in fuga dal Polesine, si macchiarono delle ultime violenze, a volta anche solo per un bottino di scarso valore, come una qualsiasi banda di briganti.
Fra le storie poco note di quel 25 aprile 1945 c’è anche quella dei fratelli Benetti, di Frassinelle Polesine, fucilati dai soldati tedeschi per essersi opposti alla razzia. Il loro sacrificio è ricordato nella lapide sulla tomba di famiglia, sui cui presto potrebbe essere applicata una targa commemorativa da parte dell’Associazione vittime civili di guerra. A riportare alla memoria quei fatti è Massimo Benetti, nipote del fratello sopravvissuto a quell’esecuzione, e pronipote dei tre fratelli giustiziati. “La vicenda dei mie prozii - racconta - è poco conosciuta, mi sono attivato per farle ottenere il riconoscimento che merita”.
Il 25 aprile dei fratelli Benetti inizia con l’arrivo alla loro azienda agricola, Corte Barbarina, sulla strada che collega Frassinelle Chiesa con Polesella, di un drappello di soldati tedeschi. Nella Corte già da qualche mese si era insediata una base di soldati berlinesi “ma - spiega Massimo Benetti - per tutto quel tempo i soldati si erano comportati bene, mangiavano assieme ai miei prozii e alle loro famiglie. Invece quel giorno cambiò tutto”.
I nuovi reparti arrivati a Corte Barbarina, infatti, non intendono familiarizzare con i cittadini di Frassinelle, sono in agitazione perché ormai tutte le città italiane stanno per essere liberate dal nazifascismo. I militari, devono sgomberare, scappare verso nord. Ma non prima di arraffare quel che possono. E così i tedeschi si danno al saccheggio. Ma tre dei quattro fratelli Benetti, Pietro (38 anni), Danilo (32) e Paolo (27), si oppongono (il quarto, Soturno è al lavoro nei campi) provano a ribellarsi a quell’ennesima ingiustizia. Non sono partigiani, ma semplici agricoltori che però non intendono lasciarsi depredare.
Ma la loro opposizione può poco contro la brutalità dei nazisti che prima li pestano selvaggiamente, poi li schierano davanti al muro del forno della corte agricola. In pochi secondi finisce tutto, la scarica dei fucili annienta per sempre il futuro dei tre fratelli. Poco dopo i tedeschi lasciano la corte con il loro bottino: un cavallo, bovini, maiali, un carretto, vestiti, lenzuola, fedi d’oro, il prezzo di un’assurda violenza. Dalla campagna arriva il quarto fratello, Soturno, vede le famiglie in lacrime. C’è una flebile luce di speranza, Paolo, il più giovane, respira ancora. I familiari lo caricano su un carro per trasportarlo all’ospedale. Ma prima di arrivare in località Bresparola, verso Polesella, muore.
“L’elenco dei beni depredati - racconta Marco - l’ho recuperato dalla richiesta che mio nonno fece per ottenere il risarcimento, che comunque non arrivò. Ma al di là del saccheggio subito, la cosa grave è stata la distruzione di un’intera famiglia, proprio nel giorno della Liberazione”.
La fucilazione di Corte Barbarina non è stato l’unico episodio di violenza perpetrata contro i civili nei giorni vicini al 25 aprile, nel libro “A monito e primo esempio”, di Gino Bedeschi sono elencate tutte le vittime civili polesane di quei giorni, 20 furono trucidati nella strage di Villadose. Fra questi episodi la strage della famiglia Rossi, avvenuta a Badia Polesine proprio il 25 aprile 1945, quando le Ss in ritirata uccidono l’80enne Teobaldo, il figlio Giovanni e il nipote Teobaldo, per futili motivi. E poi l’uccisione di polesani per rubare una bicicletta o per inutili, e terribili, forme di rappresaglia. Il 25 aprile non aveva ancora del tutto cancellato le violenze della guerra.
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