VOCE
ECONOMIA
26.04.2025 - 12:46
corso del popolo rovigo 3
VENEZIA - Tra Pasqua, il 25 aprile e il Primo Maggio, il Veneto si è ritrovato con fabbriche, magazzini e uffici mezzi vuoti. A pagare il prezzo di questo rallentamento produttivo saranno anche i conti regionali: secondo una recente analisi dell'Ufficio Studi della Cgia di Mestre, rispetto al 2024 lavoreremo due giorni in meno e questo si tradurrà in una perdita stimata di circa 1,1 miliardi di euro di Pil. Una cifra paragonabile ai danni che potrebbero derivare dall’imposizione di nuovi dazi commerciali da parte dell’amministrazione Trump.
Nel 2025, il Pil veneto dovrebbe raggiungere i 206,6 miliardi di euro, con una produzione media giornaliera di 566 milioni. In termini pro capite, ogni veneto – bambini e anziani inclusi – contribuisce con circa 116,7 euro al giorno. È Vicenza a registrare il miglior risultato regionale, con 108,9 euro di valore aggiunto per abitante, seguita da Padova (107,5) e Verona (107). A livello nazionale, Milano guida la classifica con 184,9 euro al giorno, davanti a Bolzano (154,1) e Bologna (127,6).
Se da un lato il calendario fitto di festività aiuta il turismo e la ristorazione, dall'altro provoca una brusca frenata nell'industria e nei servizi. Molti dipendenti hanno approfittato di queste settimane per concentrare le ferie, svuotando ulteriormente gli organici. La CGIA sottolinea che recuperare anche solo una settimana di lavoro in più all'anno porterebbe a una crescita del Pil di un punto percentuale, pari a circa 22 miliardi a livello nazionale e 2,8 miliardi solo per il Veneto.
L’Italia, d’altra parte, resta tra i Paesi più laboriosi d’Europa. Secondo l'OCSE, con una media di 1.734 ore lavorate all'anno per occupato, è superata solo da Grecia, Polonia, Repubblica Ceca ed Estonia. Tuttavia, l’alta mole di lavoro si accompagna a un tasso di occupazione ancora inferiore alla media UE.
A livello territoriale, il Nordest si conferma motore economico del Paese. Tra le prime venti province italiane per valore aggiunto, ben tredici sono situate in quest’area, a testimonianza della vitalità delle piccole e medie imprese locali. Tuttavia, la CGIA ricorda che l’Italia, e in particolare il Veneto, soffrono da decenni per la scomparsa delle grandi aziende. Negli anni '70 e '80 il Paese era un gigante europeo in settori strategici come chimica, siderurgia, auto e farmaceutica. Oggi, invece, il tessuto produttivo è formato quasi esclusivamente da Pmi che, pur tra mille difficoltà, continuano a trainare l’economia grazie alla qualità del made in Italy.
L'assenza delle grandi imprese, unita alla cronica debolezza infrastrutturale, ai ritardi della giustizia civile e a una burocrazia pesante, rende il contesto italiano poco attrattivo per gli investimenti stranieri. Nonostante tutto, le piccole aziende del Nordest riescono ancora a eccellere sui mercati internazionali, mantenendo alto il nome dell'Italia anche dopo la fine dell'epoca d'oro delle grandi industrie pubbliche e private.
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