VOCE
INTERVISTA
13.05.2025 - 12:29
Il sindaco Luca Prando al suo terzo mandato: “Nel Dna dei lusiani rinascere dopo le difficoltà”
LUSIA - Lusia soffre come il resto del Polesine dell’inverno demografico. Da 3.600 abitanti del 2012 è passata in 13 anni a 3.300 abitanti. Le nascite sono in calo, ma le scuole di ogni ordine e grado ci sono tutte e la comunità è vivace e non si arrende mai. Un paese strettamente legato alla terra e all’agricoltura, come sottolinea il sindaco Luca Prando, al suo terzo mandato.
Qual è, secondo lei, il comun denominatore dei cittadini di Lusia?
“Sono cittadini volenterosi, che si danno da fare senza mai lamentarsi. E’ una comunità che si rimbocca le maniche e lavora a testa bassa. Un esempio da seguire, come hanno dimostrato anche in momenti tragici della nostra storia, come il bombardamento del 1945. La medaglia d’argento al merito civile ricevuta nel 2022 certifica proprio questa capacità di rialzarsi sempre”.
Nel gonfalone del comune c’è l’araba fenice: è davvero un simbolo sentito dalla vostra comunità?
“Assolutamente sì. Credo che sia nel Dna dei lusiani questa capacità di rinascere dopo le difficoltà. La nostra storia, segnata da invasioni, alluvioni e distruzioni, ha tramandato di generazione in generazione questo spirito resiliente. E’ una dote che i cittadini hanno e che si manifesta ancora oggi”.
Lusia è un paese prevalentemente agricolo. È ancora così forte questo legame con la terra?
“Certo. Gran parte delle nostre 1300 famiglie opera nel settore orticolo, con eccellenze riconosciute. Anche se il mercato ortofrutticolo ha perso centralità a causa della grande distribuzione, l’agricoltura resta il cuore del paese”.
Il mercato ortofrutticolo di Lusia ha ancora spazio?
“Come territorio agricolo sì, come mercato in sé un po’ meno. La grande distribuzione ha modificato i meccanismi di vendita, molte aziende hanno cambiato approccio o chiuso. Tuttavia, il mercato rimane un punto di eccellenza, anche se il prodotto parte spesso direttamente dai campi verso i clienti”.
Il rapporto con l’Adige quanto incide nella vita quotidiana dei cittadini?
“E’ stato e continua a essere fondamentale. La fertilità dei nostri terreni è dovuta proprio alle alluvioni storiche del fiume, che hanno lasciato limo e sabbia preziosi per le colture. Oggi l’Adige è ricchezza per l’irrigazione e ci impone un uso responsabile delle risorse idriche”.
C’è un ricambio generazionale nell’agricoltura o i giovani se ne vanno?
“Qualche anno fa sembrava tutto perduto, ora vediamo segnali positivi. Molti ragazzi sono tornati e in diversi stanno portando avanti le aziende familiari con ottimi risultati. Si investe nel chilometro zero, nei mercatini, nelle iniziative di filiera corta. È un bel segnale di speranza”.
La cosiddetta ‘fuga di cervelli’ riguarda anche Lusia?
"Sì, ma più che fuga è una necessità. I ragazzi studiano, si diplomano, si laureano. L’assenza di industria locale li costringe a cercare altrove, ma non è una scelta di ripiego. Anzi, ogni anno premiamo una decina di laureati e spesso hanno già un lavoro il giorno dopo la laurea. Non possiamo offrire tutto, ma almeno garantiamo le basi”.
Il rapporto con Rovigo è ancora importante o i cittadini gravitano più verso altri centri?
“Lusia storicamente guarda più a Lendinara. Facemmo un sondaggio qualche anno fa e l’80% dei cittadini, in caso di fusione, avrebbe preferito unirsi a Lendinara. E’ questione di abitudine, di servizi, di dimensione a misura d’uomo. Rovigo è vista come più complicata”.
Lei sarebbe favorevole a una razionalizzazione dei comuni polesani?
“Sì, ma non in modo indiscriminato. Creare macroaree senza senso sarebbe controproducente. Io vedrei bene una municipalità unica con Lendinara e Villanova del Ghebbo, per un territorio da 15-16.000 abitanti. Sarebbe gestibile e garantirebbe nuovi servizi senza perdere identità."
Come immagina Lusia tra dieci anni?
“Credo che Lusia sarà uno dei paesi che riuscirà a rimanere integro. I cittadini sanno fare squadra, rispettano le regole e, fino ad oggi, le varie amministrazioni, compresa la mia, sono riuscite a mantenere i servizi e questo spirito di coesione. Certo, dovremo affrontare i cambiamenti, ma la nostra storia e il nostro carattere ci permetteranno di resistere e continuare a essere un modello di piccola comunità operosa”.
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