VOCE
ECONOMIA
13.05.2025 - 13:09
Il tessuto economico del Polesine si assottiglia. Secondo l’ultimo rapporto di Unioncamere, la provincia ha registrato un saldo negativo di 309 imprese cessate. Un trend che accende l’allarme sullo stato di salute dell’economia locale e sulle sue prospettive future.
Il calo non riguarda solo la quantità di imprese, ma sembra riflettere una difficoltà più ampia, che coinvolge anche l’attrattività del territorio, la tenuta occupazionale e la capacità di innovare.
“Per capire a fondo la situazione – osserva Vincenzo – bisognerebbe analizzare la tipologia delle aziende coinvolte. Il nostro territorio è storicamente formato da piccole imprese, spesso fragili dal punto di vista finanziario e poco attrezzate per resistere agli scossoni dei mercati globali. Questo le rende più vulnerabili”.
La fotografia di Unioncamere, secondo Paolo, va ben oltre le aziende: “È una situazione molto triste. Non si tratta solo di economia, ma anche di perdita di popolazione, di vitalità culturale. In Polesine si registra un declino generale, una corsa al ribasso che tocca ogni settore”.
A essere preoccupato è anche Franco, che avverte: “Temo che questo sia solo l’inizio. Il nostro territorio è ai margini dei grandi flussi economici legati al turismo, all’import-export, alla globalizzazione. Se non troviamo un modo per reinserirci in questi circuiti, la crisi non potrà che peggiorare”.
Franco sottolinea anche le ricadute occupazionali: “Molte delle imprese che stanno chiudendo sono piccole, ma fondamentali. Con loro, se ne vanno anche posti di lavoro. Ed è questo l’aspetto più drammatico: senza imprese non c’è occupazione, e senza occupazione non c’è futuro”.
Più propositivo il commento di Antonio, che individua nelle opportunità di sviluppo la chiave per invertire la rotta: “Non sono sorpreso dai dati, ma credo che il Polesine debba ancora esprimere tutto il suo potenziale. Rovigo, in quanto capoluogo, deve farsi promotrice di iniziative che coinvolgano anche i comuni limitrofi. Con l’aiuto dei fondi europei e regionali possiamo puntare su settori tecnologici e creare manodopera specializzata che trovi impiego qui, sul territorio”.
Il bilancio di Unioncamere lascia poco spazio alle interpretazioni: la perdita di 309 imprese è un campanello d’allarme. Ma il futuro non è ancora scritto. Serve una strategia condivisa tra istituzioni, imprese e cittadini per rilanciare il territorio, trattenere le energie e creare nuove opportunità. Perché dietro ogni impresa che chiude, c’è una comunità che perde un pezzo di sé.
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