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Roma

“Cooperazione pilastro sociale”

Massimo Mota eletto presidente nazionale di Agci. Nel consiglio generale, da Agci Veneto, Pegoraro, Melega, Crepaldi e Zanini

“Cooperazione pilastro sociale”

L’Associazione generale delle cooperative italiane (Agci) ha eletto ieri, per acclamazione, Massimo Mota nuovo presidente nazionale. Succede a Giovanni Schiavone, alla guida dell’organizzazione dal 2019. Emiliano, presidente di Agci Emilia Romagna, era già nella precedente presidenza nazionale insieme a Schiavone e a Giampaolo Buonfiglio, che sarà il suo vice.

E all’interno del rinnovato consiglio generale nazionale invece, del quale fanno parte di diritto la presidente di Agci Veneto e Agci interprovinciale Padova, Venezia e Verona, Olga Pegoraro, e il segretario generale Gian Luca Melega, sono stati nominati Luca Crepaldi, presidente della nostra cooperativa, Editoriale La Voce, e Terenzio Zanini, presidente di Coopservices. Dal Veneto, delegati per il voto da Agci, oltre agli eletti, erano presenti Antonio Velleca, Delio Padovani e Gianni Stival vicepresidenti di Agci Veneto, i consiglieri Sandra Martarolo, Roberta Pasqualotto, Cristiano Marchiori e Matteo Zagolin.

Fondata nel 1952, Agci è una delle tre centrali storiche del movimento cooperativo e parte dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, il coordinamento che rappresenta oltre 39mila imprese, 1,2 milioni di addetti e più di 12 milioni di soci in tutto il Paese.

Alla due giorni di congresso nazionale, che si è celebrato al Teatro Eliseo di Roma, hanno partecipato i sottosegretari all’Economia e alle finanze, Lucia Albano, e al Lavoro e politiche sociali, Maria Teresa Bellucci. Nel discorso d’insediamento, Mota ha parlato di “tensioni e incertezza” riferendosi all’economia di questi anni, spiegando che “nell’Occidente del benessere assistiamo a una polarizzazione delle risorse: pochi si arricchiscono, mentre un numero crescente di famiglie, pur lavorando, si avvicina alla soglia della povertà”.

Per il neo-presidente, il momento storico non sarà un’epoca che cambia ma “il cambiamento di un’epoca” che impone alla cooperazione di “gestire fragilità sociali sempre più profonde e saper dare risposte positive alle fasce più deboli ed esposte della società”.

Mota ha posto l’accento sul calo della costituzione di nuove cooperative. “Se le cooperative servono, ma non ne nascono di nuove, qualcosa non funziona: o non siamo più adeguati, o peggio si sta diffondendo l’idea che il nostro modello sia superato”. Per questo ha invitato l’associazione a “indagare sulle cause e a sostenere le forme cooperative di domani”, comprese le reti di imprese e i consorzi multisettoriali che innovano filiere tradizionali, calibrando il sostegno alle nuove esigenze e realtà.

Il passaggio più acceso è stato dedicato alle cooperative sociali, “pilastro fondamentale per i servizi alla persona e welfare locale. “Piaccia o no, se spariscono le cooperative sociali resteranno solo soggetti speculativi” la riflessione di Mota. Di qui l’appello al governo, alle regioni, alle fondazioni bancarie e ai fondi assicurativi: “Servono investimenti che oggi non abbiamo, ma che domani saranno indispensabili”.

Mota ha chiesto un rapporto “più fluido e quotidiano” con la politica. “Dobbiamo conoscere cosa bolle in pentola per essere capaci di proposte e sostegno”. Ai sindacati ha offerto un tavolo permanente sul lavoro in cooperativa, superando la logica del “contratto per contratto a favore di una linea comune proposta da Agci che ponga la partecipazione dei lavoratori al centro”.

Pur rivendicando il carattere “laico e riformista” di Agci, Mota ha difeso l’esperienza dell’alleanza con Legacoop e Confcooperative: “Occhio a non buttare via il bimbo con l’acqua sporca: è un rapporto che va rilanciato in modo diverso dal passato”.

Concludendo, il nuovo presidente ha evocato una metafora edilizia: “La cooperazione è una casa che si costruisce con lo sforzo collettivo. Il mio bene è anche quello di chi mi sta accanto”. E, ringraziando i delegati per la fiducia, ha fissato l’obiettivo di lasciare “un mattoncino in più” al termine del mandato.

“Non dobbiamo avere complessi di inferiorità: finché restiamo fedeli a una visione laica e riformista, valiamo tanto quanto chi dispone di più risorse o di maggiore influenza politica” ha concluso Mota.

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