VOCE
CRONACA
20.05.2025 - 16:30
Nella spirale crescente dell’odio online, colpisce un dato in particolare: quasi un messaggio misogino su cinque è scritto da una donna. A rivelarlo è l’ultima edizione della Mappa dell’Intolleranza, il progetto curato da Vox – Osservatorio Italiano sui Diritti, in collaborazione con le Università di Milano, Bari e Roma La Sapienza.
Per l’ottavo anno consecutivo, le donne si confermano il bersaglio principale dell’hate speech italiano. Ma la novità più inquietante è che una parte significativa di questo odio non arriva da uomini, come ci si aspetterebbe, ma da altre donne: ben il 20,81%, contro il 30,15% degli uomini.
Secondo gli esperti, si tratta di un fenomeno chiamato auto-oggettivazione: molte donne interiorizzano lo sguardo giudicante della società patriarcale, fino a farlo proprio. In pratica, riproducono e rafforzano gli stessi stereotipi che le opprimono, attaccando altre donne in base all’aspetto fisico, al comportamento o alle scelte di vita.
Non è raro leggere insulti rivolti a figure femminili pubbliche, dalla politica all’influencer, che arrivano proprio da utenti donne, spesso nascoste dietro un profilo anonimo. Il giudizio più feroce non riguarda tanto il contenuto di ciò che dicono, quanto il modo in cui lo dicono, come si mostrano, come si vestono o si espongono.
L’odio misogino, però, non è l’unico a crescere. Il report registra anche un’impennata dei discorsi xenofobi, islamofobi e antisemiti, soprattutto nelle città più grandi. Milano è la più colpita da misoginia e razzismo, Roma da antisemitismo e omotransfobia.
Ma il dato che riguarda l’odio "intra-genere" apre una riflessione profonda: quanto siamo davvero consapevoli dei pregiudizi che abbiamo interiorizzato? E quanto il web amplifica questi automatismi, trasformando la frustrazione sociale in un’arma a doppio taglio?
La Mappa dell’Intolleranza non è solo una fotografia dell’odio online, ma un campanello d’allarme per la società tutta. Educare al rispetto, anche tra donne, diventa oggi una sfida fondamentale, per non lasciare che le piattaforme digitali diventino il megafono del nostro peggio.
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