VOCE
VENETO
13.06.2025 - 07:00
Era, come oggi, un venerdì 13, però di 794 anni fa. Antonio di Padova spira all'arcella dopo aver percorso morente gli ultimi tratti che separavano Camposanpiero (dove si era ritirato negli ultimi tempi) e la città patavina ove aveva espressamente chiesto di essere sepolto, nel conventino di Santa Maria Mater Domini. Finiva così l'esistenza terrena di uno dei più grandi e conosciuti santi della cristianità. Anche oggi, Padova si risveglia in festa per il suo più illustre cittadino, attraverso le cerimonie religiose e migliaia di fedeli (e curiosi turisti) che accalcheranno i pavimenti della basilica e le vie della processione cittadina. Ma distante dal caos dell'andare e vieni di persone, c'è un luogo ricco di pace e soprese: è la scoletta del Santo, l'edificio che si trova sul sgarato della basilica.
Al piano superiore, nella sala priorale dell'arciconfraternita di Sant'Antonio, si trova un vero e proprio capolavoro dell'arte italiana. E' il ciclo delle storie di Antonio. Realizzate da vari artisti, tra queste compare anche la firma di Tiziano Vecellio in ben due tele. Ma è interessante e curioso anche il particolare di una scena, quella del Transito. Rappresentata da Girolamo Tessari, nel 1513, la scena mostra la morte di fra Antonio alle porte di Padova attorniato dai confratelli. Sullo sfondo, però, ci sono due bambini: sono i cosiddetti "paggeti", che ancora oggi presenziano alla processione cittadina del giorno della festa. Secondo la tradizione infatti furono propri i bambini ad annunciare per i primi, senza saperlo, la morte del frate, gridando in dialetto: "L'è morto el Santo". E il pittore Tessari dipinge proprio la frase in dialetto sul cartiglio che i due bambini portano in mano correndo scalpitanti. Una vera curiosità che sfugge ai tanti.
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