VOCE
opera prima
14.06.2025 - 11:00
Sentirsi meno sole, più partecipi delle stesse fragilità: così il messaggio di Annalisa Limardi, con la sua performance durante il giovedì sera di festival Opera Prima, è arrivato forte e chiaro dalla cornice del chiostro degli Olivetani, anche perché apparentemente semplice. Saper dire di “No”, titolo della produzione da lei interpretata e scritta, è il primo passo per riconoscere il principio della propria autodeterminazione.
Giovani donne che allo stretto giro dei trenta o giù di lì si trovano di fronte alla realtà dell’essere state le perfette figlie, figlie anche della perfetta educazione femminile che tende, da ancestrale memoria, ad essere servizievole, disponibile, ma che sottende terrori, paure ed ansie, figlie di un tempo che fa interrogare di più.
Con piena consapevolezza corporea, dotata semplicemente di un microfono che diventa oggetto di scena, l’attrice ha saputo consegnare agli spettatori un pezzo di prosa poetica e ritmata coinvolgente, nudo e crudo, in cui l’elettronica diventa l’eco perfetta delle parole espresse.
La serata è continuata con la coralità di Alot Teatro con “Veni”, un magistrale lavoro di voci polifoniche sul confine, che fa riflettere sull’inutilità di tracciare delle linee da non oltrepassare. Voci oniriche e potenti che riprendono canti sacri, diventati canoni, in lingua latina, riprendendo l’antica tradizione orale, proprio come un coro della tragedia greca.
Anche venerdì il teatro è continuato con altre due produzioni di spicco. La prima, al chiostro degli Olivetani, con Teatri di vita che ha portato in scena “Sette bambine ebree”, una drammatica opera per Gaza, suddivisa in sette parti, che sono sette dialoghi di persone adulte riferiti ad altrettante bambine nella storia. A seguire, al Teatro Studio, un progetto di Marco Corsucci e Matilde Berardi intitolato “Mine-haha, ovvero dell’educazione fisica delle fanciulle”.
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