VOCE
Adria
16.06.2025 - 21:14
Anche quest’anno, come da tradizione, il piccolo borgo di Marcanta di Bellombra ha rinnovato la propria devozione a Sant’Antonio da Padova, il santo taumaturgo tanto amato dalle genti della campagna. Tra i campi pronti per la mietitura, si è svolta l’antica processione con la statua del santo portata su un carro trainato da buoi infiocchettati, accompagnata dal suono festoso di ottoni e tamburi.
Un’atmosfera d’altri tempi ha avvolto le capezzagne ornate con archi di fiori di carta, bandierine colorate e rami di sempreverde, in un percorso che ha ricondotto i fedeli alla chiesetta rurale dedicata al santo, nascosta tra i campi. Un edificio umile, dalla storia incerta, ma che continua a vivere grazie alla dedizione della famiglia Cappato, custode dell’oratorio e della memoria di questa tradizione.
Nonostante lo spopolamento causato dall’emigrazione, gli abitanti rimasti tengono viva la celebrazione con tenacia. La messa è stata officiata da don George, sacerdote originario del Burundi, oggi in Italia per motivi di studio grazie a una borsa della Cei. Dopo la funzione, la comunità ha dato vita alla suggestiva processione, testimoniando un legame profondo con la propria identità e fede. Il culto di Sant’Antonio è radicato nella vita contadina: numerose erano un tempo le piccole statue di legno nelle case, simboli di protezione contro malattie e disgrazie. Era tradizione, inoltre, rivolgersi a un’anziana del paese per ritrovare oggetti smarriti, invocando il “Sequeri”, storpiatura del salmo “Si quaeris miracula”. La sua intercessione era ritenuta infallibile.
E non manca la speranza, legata alla “Tonina” - la pioggia di metà giugno - che, invocata proprio durante la festa, dovrebbe ristorare i campi assetati. A Marcanta, fede e natura si intrecciano ancora oggi nel nome del santo dei miracoli.
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