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veneto
17.06.2025 - 08:56
La vicenda di Diletta Miatello, ex vigilessa di San Martino di Lupari, ha scosso profondamente l'opinione pubblica. La donna, condannata per l'omicidio dei genitori, ha visto la sua pena ridotta a 23 anni e 6 mesi di reclusione, grazie a un accordo raggiunto in sede di appello. La sentenza, emessa dalla Corte di Assise d’Appello, ha suscitato dibattiti e riflessioni, non solo per la gravità del crimine, ma anche per le implicazioni legate alla salute mentale dell'imputata.
La notte tra il 26 e il 27 dicembre 2022, nella tranquilla cittadina di San Martino di Lupari, si è consumato un dramma familiare. Diletta Miatello avrebbe secondo l'accusa aggredito brutalmente i suoi genitori, Maria Angela Sarto e Giorgio Miatello, nella loro abitazione di via Galileo Galilei. La madre è morta sul colpo, mentre il padre è deceduto due mesi dopo, a seguito delle gravi ferite riportate. Dopo il delitto, Miatello si è allontanata dalla scena del crimine, rifugiandosi in un albergo a San Zenone degli Ezzelini, dove è stata arrestata.
Durante il processo di primo grado, la difesa ha cercato di dimostrare che Diletta Miatello soffriva di un disturbo mentale che avrebbe potuto influire sulla sua capacità di intendere e di volere. Tuttavia, il perito psichiatrico Alessandro Saullo ha escluso che il disturbo paranoide diagnosticato potesse costituire un vizio di mente. Nonostante la diagnosi di una malattia mentale e il trattamento presso il Centro di salute mentale cittadellese, la Corte ha ritenuto che la condizione dell'imputata non giustificasse un'assoluzione o una riduzione significativa della pena.
In appello, la difesa, rappresentata dall'avvocata Elisabetta Costa, ha raggiunto un accordo con la Procura generale, che ha portato a una riduzione della pena da 28 a 23 anni e 6 mesi. La Corte ha accettato il concordato, nonostante il ritardo nella sua presentazione, riconoscendo le difficoltà logistiche legate alla detenzione di Miatello nel carcere di Trento e alle sue condizioni di salute. I risarcimenti ai familiari delle vittime, stabiliti in primo grado, sono rimasti invariati.
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