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MATURITA’ 2025

Ci siamo: “E’ un giorno che fa crescere”

C’è chi parla di “grande emozione” e chi lo definisce “un parto”. “Ma ci ha fatto bene”

Esami Maturità 12

Gambe tremanti, nodo in gola e tanta voglia di scappare: non si dica che la paura fa novanta. Tutti, polesani, rodigini, amministratori, politici, deputati e senatori sono passati per quei giorni fatidici che oggi tanti studenti affronteranno allo scoccare delle 8.30.

La maturità non lascia scampo, sorride Bartolomeo Amidei, senatore. Con commozione spiega: “Mi sono diplomato nel 1980 in quello che oggi è l’istituto tecnico agrario Ottavio Munerati di Sant’Apollinare. Nei miei 19 anni, fu un momento che mi segnò molto”. L’agitazione dell’esame, paragona il senatore, “mi sembrava come un parto, prima la difficoltà gestazionale ma poi la nascita che colma di gioia. Terminato il percorso mi misi subito a lavorare dando una mano nel portare avanti l’azienda famigliare”.

Per Pier Luigi Bagatin, presidente dell’Accademia dei Concordi, il ricordo è forte e colmo di gratitudine: “Avevo vissuto il percorso al liceo classico con tranquillità ma quel giorno l’emozione era indubbiamente forte, specie per la prova di greco. Eravamo in 17 in classe: solo in due scegliemmo poi di proseguire con lettere all’università, è stata una scelta di vita”.

Tra le sfumature dei ricordi di quei caldi estivi, non manca neppure quello di Maria Cristina Acquaviva, presidente del Cur: “Ho fatto la maturità al liceo scientifico Paleocapa, mi ricordo il lavoro sulla tesi finale e anche una classe di sole femmine”. Guardando indietro, aggiunge: “La scuola mi ha aiutato in termini di forma mentis, mi ha formato anche ad avere un pensiero organizzato”.

Enrico Ferrarese, presidente della provincia di Rovigo, aggiunge: “Ho sostenuto la maturità classica nel ’98 all’Ariosto di Ferrara, ricordo tensione e pressione, ma anche una certa normalità. E’ stato un momento che mi ha fatto bene”.

Si va di classici anche per Nadia Romeo, deputata dem. Tra greco e latino, le pagine consunte e sfogliatissime di notti frenetiche, commenta: “Ricordo le sere passate sui libri, le pagine sottolineate fino all’inverosimile, le moke di caffè per restare svegli e ripassare fino all’ultimo”.

Se nel teatro porta male augurare il famoso “in bocca al lupo”, allora non serve farlo nemmeno a scuola: basta la consapevolezza che anche chi vi è passato prima, ha superato tutto.

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