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Le pensioni più povere sono da noi

In provincia di Rovigo la più alta percentuale di erogazioni sotto i 1.100 euro netti: 42,8%

Le pensioni più povere sono da noi

Il Polesine in testa alla graduatoria regionale per pensioni basse. In provincia di Rovigo infatti c’è la percentuale maggiore (42%) di pensioni sotto i 1500 euro rispetto al totale. Un piccolo sollievo arriva dall’arrivo della 14esima, che in Veneto interesserà circa 300mila pensionati. In Polesine la 14esma arriverà in forma piena per 10.900 pensionati e in forma ridotta per 6.100.

In Polesine i pensionati sono 58.090 (27.409 uomini e 30.681 donne). I beneficiari di pensioni sotto i 1.500 euro lordi (1.100 netti) sono 24.876 (8.175 uomini e 16.701 donne), si tratta del 42,8% sul totale delle pensioni erogate in Polesine. La percentuale maggiore del Veneto di pensioni sotto i 1.100 euro netti al mese. In Veneto la media è del 40,1%. A Belluno del 38,2%; a Padova del 40,2%%; a Treviso del 40,9%; a Venezia del 38%, a Verona del 41,7%, A Vicenza del 39,6%.

In Veneto In attesa di capire quali conseguenze produrrà sull’inflazione il conflitto fra Israele e Iran, a luglio poco meno di 300mila pensionati veneti (circa 295 mila), il 22% del totale, potranno trovare un po’ di conforto nella 14esima mensilità, destinata ad anziani ultra64enni con determinati requisiti di reddito. Secondo i calcoli dello sindacato dei pensionati (Spi) della Cgil regionale, circa 200mila beneficiari, quelli che ricevono un assegno pensionistico inferiore a una volta e mezzo il trattamento minimo che quest’anno è di 603,40 euro, incasseranno la quattordicesima “piena”, il cui importo varia da 437 a 655 euro, a seconda degli anni di contribuzione. Gli altri 95mila, che hanno una pensione compresa fra una volta e mezza e due volte il “minimo”, godranno di una somma ridotta e inclusa fra i 336 e i 504 euro.

Secondo lo Spi Cgil “la boccata d’ossigeno che ogni anno porta un po’ di sollievo agli anziani con le pensioni più basse rappresenta purtroppo una goccia nel mare rispetto ai bisogni dei pensionati, schiacciati da un carovita ancora molto impattante soprattutto sul carrello della spesa. Da questo punto di vista ricordiamo che, secondo uno studio dello Spi Cgil sui dati Istat, nel 2024 l’ultra65enne ha sborsato circa 350 euro al mese per l’acquisto di prodotti alimentari una cifra destinata ad alzarsi nel 2025 sia perché il carrello della spesa registra già i rincari più alti rispetto alle altre voci, sia perché i conflitti in atto rischiano di portare nuovi, rilevanti aumenti anche sugli stessi alimentari. A tal proposito, sottolineiamo come in Veneto oltre 420mila pensionati ultra65enni, il 40% del totale, riceva dall’Inps meno di 1.100 euro netti al mese (1.500 euro lordi), una somma che in molti casi non può coprire minimamente le spese necessarie per sopravvivere. Basti considerare che in media l’anziano veneto over 65 nel 2024 ha sborsato, oltre ai 350 euro per i prodotti alimentari, anche 870 euro per i costi dell’abitazione che comprendono, fra le altre cose, affitti e bollette”.

Naturalmente le più penalizzate dalle pensioni “povere” sono soprattutto le anziane “visto che la quota di quelle che percepiscono assegni inferiori ai 1.100 euro netti mensili è del 55%”.

Anche a livello provinciale non mancano le differenze, con Rovigo che conta il 42,8% di ultra65enni destinatari di pensioni inferiori ai 1.100 euro netti al mese, il 4% in più rispetto al 38% di Venezia.

“La quattordicesima mensilità garantisce un po’ di sollievo a molti anziani - commenta Massimo Cestaro della segreteria dello Spi Cgil del Veneto - ma il timore è che questi soldi, alla fine, serviranno solo per fronteggiare in modo temporaneo i rincari, anche quelli che si stanno già registrando sul fronte dell’energia elettrica, per cause non legate alla guerra. Secondo i dati di Arera, nel 2025 si spenderà il 10% in più del 2024 e adesso che arriva il caldo intenso le bollette sono destinate a impennarsi per l’utilizzo dei condizionatori”.

Non solo, “dal 2022 - prosegue Cestaro - i portafogli delle famiglie, anziani compresi, si sono svuotati a causa dell’aumento dei prezzi. I pensionati sono stati solo in parte protetti dalla rivalutazione perché il carovita è stato decisamente superiore rispetto alle percentuali d’inflazione fissate dall’Istat. Molti pensionati hanno ridotto i propri consumi, anche alimentari, alcuni stanno addirittura rinunciando alle cure per motivi economici, oltre che per il problema delle liste d’attesa. Ci sono anziani che vendono la nuda proprietà perché non riescono ad affrontarne i costi della casa. Per questo, nell’ambito della 14esima mensilità, torniamo a chiedere un aumento degli importi erogati e un allargamento della platea”.

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