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Moderni schiavi agli ordini dei "caporali"

Piovono denunce e sequestri

Denunciati dalla Guardia di finanza due amministratori e quattro titolari di aziende agricole, per caporalato. I due amministratori sono stati colpiti anche dalla misura cautelare del divieto di dimora.

"Il provvedimento, emesso dal GIP del locale Tribunale su richiesta della Procura della Repubblica di Rovigo - spiega la nota stampa della Guardia di finanza - trae origine da un’attività investigativa avviata dagli investigatori della Tenenza della Guardia di Finanza di Loreo - coordinati dal Gruppo di Rovigo e sotto la direzione della stessa Procura della Repubblica - che in un anno di indagini hanno ricostruito un sistema criminoso, incentrato sullo sfruttamento della manodopera nel settore agricolo, con base a Porto Viro".

"Secondo le indagini disposte dalla Procura della Repubblica di Rovigo e condotte dalla Guardia di Finanza, attraverso una Srls di Porto Viro formalmente esercente attività di trasporto, i due amministratori di origine marocchina (C.S. di 50 anni e C.H. di 26 anni, padre e figlio) - in prima ipotesi accusatoria - reclutavano, dietro pagamento, dei propri connazionali approfittando del loro stato di bisogno, allettandoli con la promessa di un lavoro in Italia comprensivo di ospitalità, per poi in realtà impiegarli in condizioni di sfruttamento come braccianti sui campi di 4 aziende agricole con sede a Loreo, Porto Viro e Chioggia".

"Per schermare l’illecita attività di somministrazione fraudolenta di manodopera irregolare – sempre in ipotesi accusatoria - la citata Srls emetteva anche false fatturazioni verso le aziende agricole coinvolte. Dalle ricostruzioni investigative di cui all’ipotesi accusatoria, i lavoratori venivano accompagnati presso le aziende agricole a bordo di furgoni fatiscenti di proprietà dei due “caporali”, che li scaricavano sui terreni dove prestavano la loro opera sino alla sera, anche per 12 ore consecutive e con temperature superiori ai 30 gradi".

"I 18 braccianti maghrebini identificati, fra i quali due lavoratori in nero ed un clandestino, lavoravano sui campi senza i previsti dispositivi di protezione, inoltre nessun risulta aver frequentato gli appositi corsi o effettuato le visite mediche previste dalla normativa di settore, a conferma della sistematica violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro e antinfortunistiche poste in essere dagli indagati".

"Condizioni di lavoro estreme a cui corrispondeva una retribuzione oraria di circa 6 euro a fronte dei circa 10,50 euro dichiarati in buste paga mai consegnate ai lavoratori, ben al di sotto di quella prevista dal contratto nazionale. Al termine della giornata di lavoro, i braccianti facevano ritorno presso degli alloggi assolutamente degradanti, privi delle più elementari condizioni igienico sanitarie, senza riscaldamento e acqua calda a causa di caldaie non funzionanti, senza docce nei bagni, senza bidet (sostituito da un secchio di plastica), con muffe diffuse sulle pareti, con i cibi e gli scarti di alimenti conservati nelle camere da letto in assenza di frigoriferi o altra idonea mobilia, dormendo su vecchi materassi appoggiati direttamente sul pavimento fra rifiuti e panni sporchi, in stanze di 15/20 mq occupate in media da quattro persone alla volta".

"Un lavoratore marocchino, infine, risultava alloggiato in un locale già adibito ad officina meccanica. Al termine delle indagini, gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno denunciato – secondo la prima ipotesi accusatoria – per concorso in intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. caporalato) i due citati amministratori di origine marocchina della SRLS di Porto Viro, nonché i titolari delle ditte che li impiegavano sui campi: un 55enne italiano titolare di una azienda agricola di Chioggia; un secondo 55enne italiano titolare di altra azienda agricola sempre con sede in Chioggia; un 53enne italiano titolare di un’azienda agricola di Loreo; un 39enne marocchino titolare di un’azienda agricola di Porto Viro".

"Inoltre, nei confronti della Srlsdi Porto Viro i finanzieri hanno anche eseguito una verifica fiscale che ha consentito appurare come la società dei due marocchini avrebbe emesso ed utilizzato - sempre in prima ipotesi investigativa - fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per oltre 260mia euro, al fine di abbattere la propria base imponibile o consentire a terzi, prevalentemente aziende operanti nel settore agricolo, di evadere le imposte".

"In tutto è stato ricostruito un giro di evasione, fra Ires, Irap ed Iva, per quasi 370.000,00 euro, con la conseguente denuncia dei due amministratori marocchini e dei titolari delle aziende coinvolte per i reati – secondo l’ipotesi accusatoria – di emissione o utilizzo di fatture false. Sulla base degli elementi raccolti dalla Guardia di Finanza la Procura della Repubblica di Rovigo ha ritenuto sussistere in prima ipotesi un consolidato quadro probatorio dei reati di cui agli artt. 603-bis (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro), 81 e 110 c.p. (concorso continuato) nonché artt. 2 e 8 D.Lgs 74/2000 (utilizzo e emissione di f.o.i.), avanzando idonee richieste al Gip di Rovigo, il quale, accogliendole, ha quindi emesso nei confronti dei due “caporali” marocchini la misura cautelare personale del “divieto di dimora” nel territorio delle province di Rovigo e Venezia, ritenendo, come proposto dalla Procura della Repubblica, sussistere le esigenze cautelari derivanti dal pericolo di reiterazione del reato, dalla presenza di precedenti condanne, oltre che il pericolo di inquinamento probatorio desumibile dalle condotte degli indagati".

"Analogamente, sempre su richiesta della Procura della Repubblica, il GIP ha ritenuto sussistere il “periculum in mora” - atteso che i fatti contestati sono recenti, reiterati nel tempo e frutto di un elevato livello di spregiudicatezza - accogliendo e disponendo il sequestro preventivo diretto del profitto del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro fino alla concorrenza di circa 20.000,00 euro. Il procedimento è ancora nella fase delle indagini preliminari e la condotta degli indagati è ancora al vaglio della citata Autorità Giudiziaria. Vige ovviamente la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. Interventi della specie testimoniano il costante impegno della Guardia di Finanza a contrastare le frodi fiscali in tutte le loro declinazioni, con particolare riferimento ai circuiti fraudolenti volti ai fenomeni interpositori inerenti alle illecite somministrazioni di manodopera e ai distacchi di personale fittizi, nei casi più gravi associati a forme di sfruttamento dei lavoratori che possono essere ricomprese nella fattispecie del “caporalato”. Forme di illegalità che inquinano il corretto funzionamento dell’economia legale, del mercato e che creano concorrenza sleale e danno degli imprenditori rispettosi delle regole".

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