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POLESELLA

“Non è più ora di piangersi addosso”

Il sindaco Ferrarese spinge a ritrovare il rapporto con il Po. Sulla Zls: “Opportunità a cui lavoriamo”

“Non è più ora di piangersi addosso”

E’ passato poco più di un anno da quando Emanuele Ferrarese, dopo un mandato all’opposizione, è riuscito a indossare la fascia tricolore di Polesella, comune rivierasco del Polesine, cerniera tra Veneto ed Emilia che conta circa 3.600 abitanti.

Architetto, progettista, polesano da generazioni, Ferrarese ha accettato la sfida di amministrare il suo paese con l’entusiasmo di chi ama la propria terra e la determinazione di chi sa che le potenzialità ci sono, ma vanno fatte emergere. Lo abbiamo incontrato per parlare di territorio, turismo, sviluppo e futuro.

Sindaco Ferrarese, come trova Polesella oggi? E com’è la sua gente?

“Io sono molto orgoglioso di essere di Polesella. La mia famiglia è qui da generazioni. E’ una comunità radicata, con delle potenzialità enormi, purtroppo ancora inespresse. Ed è proprio per questo che ho deciso di mettermi in gioco”.

Perché secondo lei queste potenzialità non sono mai state sfruttate?

“Purtroppo è un limite un po’ di tutto il Polesine: non abbiamo la capacità di valorizzare davvero quello che il territorio offre. Polesella, in particolare, ha perso molte occasioni di sviluppo territoriale negli anni passati. Il nostro compito è recuperarle”.

Eppure Polesella è il terzo paese per presenze turistiche nella provincia di Rovigo. Come spiega questo dato?

“Devo essere onesto, quei numeri a volte sono forvianti. Derivano in gran parte dagli attracchi fluviali, ma il turismo vero è quello che rimane, che vive il territorio. Dire che Polesella è turistica solo per questo sarebbe come dire che Malpensa è la località più turistica d’Italia. Noi abbiamo risorse vere: il Po, le ville venete, il patrimonio storico e paesaggistico, ma devono essere valorizzate in modo strutturato”.

Il Po, che per secoli ha unito queste terre, oggi sembra quasi dimenticato. Cosa si può fare?

“E’ vero. Una o due generazioni fa la vita si svolgeva sul Po, oggi i nostri ragazzi quasi non lo conoscono. Va ricostruito questo rapporto. C’è anche un problema di navigabilità che ostacola lo sviluppo del turismo fluviale, che altrove in Europa è una risorsa enorme. La politica deve essere coraggiosa e rivendicare interventi strutturali”.

Culturalmente Polesella è più ferrarese o veneta?

“Siamo un crocevia. Storicamente è sempre stata contesa tra estensi e veneziani. Questa doppia anima si riflette anche nel nostro dialetto e nel carattere della gente. Ed è una ricchezza da valorizzare”.

A proposito di sviluppo: la Zls (Zona logistica semplificata) sarà davvero un’opportunità?

“E’ sicuramente una chance importante. Va però calata nelle realtà dei singoli comuni, che devono sapersi organizzare e offrire spazi e servizi adeguati. Noi stiamo già lavorando su questo, con incontri e progetti concreti”.

Polesella custodisce un patrimonio storico di valore: Villa Morosini, Villa Selmi, il Palazzo municipale. E’ una responsabilità?

“Sì, lo è. Chi amministra ha il dovere di rispettare e valorizzare ciò che riceve in eredità. Abbiamo tante ville, tante testimonianze architettoniche che meritano di essere parte di un progetto culturale e turistico più ampio”.

Come affrontare il problema dello spopolamento e del calo demografico?

“E’ un tema delicato, comune a tante realtà. La qualità della vita qui è alta: abbiamo il Po, il verde, il silenzio, una buona rete viaria. Ma servono servizi e occasioni per attrarre nuove famiglie e giovani. Va ripensato il modello urbanistico e rilanciato il valore del nostro territorio”.

E guardando ai prossimi dieci anni, come immagina Polesella?

“La vedo più viva, più consapevole del suo valore. Una Polesella che ha saputo recuperare il rapporto con il Po, valorizzare il patrimonio storico e paesaggistico, attrarre persone grazie a una qualità di vita alta e servizi moderni. Vorrei un paese che non si piange addosso ma che rilancia, che fa rete con gli altri comuni rivieraschi e che riesce a essere un modello positivo per il resto del Polesine”.

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