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26.06.2025 - 20:20
Un patto di comunità contro la povertà alimentare in Polesine.
“Non ce la facciamo più. Né economicamente, né dal punto di vista organizzativo. Il volontariato non può più farsi carico, da solo, di un problema tanto ampio e strutturale come la povertà alimentare”. Con queste parole dirette e senza giri di parole, Marinella Mantovani, presidente del Centro di servizio per il volontariato (Csv) di Padova e Rovigo, ha lanciato un grido d’allarme durante il seminario conclusivo del progetto di ricerca “Food Policy - Green and Circular Food”, condotto dall’Università Iuav di Venezia e svoltosi ad Adria.
I dati, presentati dai ricercatori Silvia Zanin e Paolo Capovilla, sono eloquenti. Solo l’Emporio della solidarietà di Rovigo, uno dei nodi centrali della rete di sostegno alimentare polesana, serve quasi 3mila persone e 936 famiglie grazie al lavoro di 53 associazioni e oltre 180 volontari. Nel 2024, la rete ha distribuito cibo per un valore superiore agli 800mila euro. Una cifra che non comprende l’enorme impegno di altri empori, come quello di Porto Tolle, né l’aiuto fornito dalle parrocchie, dai canali informali e dalle risorse che giungono da fuori provincia.
Nato in piena pandemia, nel 2020, l’Emporio di Rovigo è oggi affidato a Bandiera Gialla ed è sostenuto dalla Regione Veneto con un contributo annuale di 20mila euro: appena sufficiente a coprire l’affitto. I restanti costi - bollette, carburante, assicurazioni, generi alimentari - sono sostenuti quasi interamente dal volontariato. Ma oggi quel modello è al limite del collasso.
“Serve un cambio di paradigma - insiste Mantovani -. I volontari fanno il massimo, ma non bastano. E’ tempo che tutte le componenti della società si assumano la propria parte di responsabilità”. Da qui la proposta di un patto di comunità, un’alleanza ampia e trasversale che coinvolga istituzioni, enti locali, parrocchie, associazioni, cittadinanza. L’obiettivo è costruire una governance condivisa, capace di rispondere in modo sistemico alla povertà crescente che colpisce oltre un terzo dei Comuni polesani.
Non si tratta solo di rispettare le norme sui servizi essenziali, ma di promuovere un nuovo modello di collaborazione civica, capace di superare i confini e i ruoli tradizionali. “Questa non è retorica - conclude Mantovani - è una chiamata alle armi civiche. Il tempo dell’attesa è finito. Ora tocca a tutti noi”.
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