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Il rebus delle spese militari

Rischi di nuove tasse e tagli alla spesa

spese militari e bilancio italiano: un equilibrio precario tra difesa e sostenibilità economica


L'obiettivo di portare la spesa militare al 3% del Pil, come richiesto dalla Nato, rappresenta un impegno finanziario enorme per l'Italia. Secondo il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti, il budget attuale del 2% del Pil è già significativo, ma per raggiungere il nuovo obiettivo, il paese dovrebbe aumentare la spesa complessiva a 900 miliardi di euro nei prossimi dieci anni.  Le istituzioni finanziarie, tra cui la Banca centrale europea e la Banca d'Italia, avvertono che l'impatto sui conti pubblici sarà pesante. La clausola di salvaguardia di Bruxelles, che permette di spendere fino all'1,5% del Pil in più per la difesa, coprirà solo parzialmente il costo totale. Con un deficit che potrebbe superare il 3%, l'Italia rischia di non uscire mai dalla procedura di deficit eccessivo. Inoltre, con l'aumento della spesa militare, il debito pubblico potrebbe raggiungere il 139% del Pil entro il 2041.


Carlo Cottarelli critica l'aumento delle spese militari, sottolineando che il ritorno economico di tali investimenti è limitato. Con un moltiplicatore economico di soli 0,5, ogni euro speso produce un reddito di appena 50 centesimi. Inoltre, gran parte della spesa per la difesa viene assorbita dalle importazioni, riducendo ulteriormente l'impatto positivo sull'economia nazionale.  
Dal 2029, l'Italia dovrà coprire la maggiore spesa per il riarmo con i bilanci nazionali, aumentando la pressione per trovare nuove fonti di finanziamento. La spesa militare potrebbe diventare la voce di bilancio più onerosa dopo le pensioni, superando sanità, istruzione e politiche sociali

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