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CRONACA

Fine vita: "morire non è un diritto"

Escluso il SSN: senza soldi si continua a soffrire

Fine vita: "morire non è un diritto"

Il disegno di legge sul fine vita, appena depositato in Commissione al Senato, ha già innescato polemiche accese. Approvato il 2 luglio dalla maggioranza e respinto dalle opposizioni, il ddl è atteso in Aula per il 17 luglio (salvo slittamenti). Ma la discussione è esplosa già il giorno prima, appena presentato il testo base, composto da quattro articoli.

L’articolo più controverso è il 4°, che stabilisce che strumentazioni, farmaci e personale del Servizio Sanitario Nazionale non potranno essere impiegati per accompagnare chi sceglie di porre fine alla propria vita. In pratica, chi chiede il suicidio assistito dovrà fare tutto da sé: trovare i farmaci, i medici – purché fuori servizio – e coprire tutte le spese.

Secondo fonti del centrodestra, Forza Italia avrebbe accettato il compromesso sotto pressione di Fratelli d’Italia. "Quel punto non lo volevamo, ma adesso il testo è condiviso", riferiscono.

“Morire non è un diritto”: il motivo dell’esclusione del SSN

Ignazio Zullo, senatore e medico di Fratelli d’Italia, spiega la ratio della norma: "Morire non è un diritto. È una scelta personale. E se non è un diritto, i servizi pubblici non sono obbligati a intervenire".

Una posizione netta che solleva interrogativi, anche pratici. Dove dovrebbe avvenire, allora, il suicidio assistito? Non negli ospedali, né nelle cliniche private, secondo lo stesso Zullo: "Davvero pensa che una struttura privata si organizzi per uno o due casi all’anno?".

Accuse di classismo e dubbi di costituzionalità

Le opposizioni parlano apertamente di discriminazione economica. Riccardo Magi (+Europa) denuncia: "Ci sarà chi potrà permettersi l’eutanasia e chi sarà costretto a soffrire perché non ha i soldi".

Zullo ribatte: "Se uno non ha i soldi per l’aspirina, non la prende. È lo stesso discorso". Una dichiarazione che, per molti, evidenzia il rischio di trasformare il diritto al fine vita in un privilegio per pochi.

Sul piano giuridico, i promotori del ddl escludono rischi di incostituzionalità, sostenendo che le scelte individuali non possono essere equiparate ai diritti universali garantiti dallo Stato.

Una procedura tutta a carico del paziente

A oggi, non esiste una risposta chiara su come si possa concretamente accedere al suicidio assistito. Il ddl prevede che sia la persona a dover indicare i mezzi, acquistare i farmaci, organizzare il personale, con tutto il carico emotivo, logistico e finanziario che ne consegue.

Zullo ammette: "I casi saranno pochissimi. Chi vorrà procedere, dovrà attrezzarsi". Una formula che, secondo molti, rischia di rendere inaccessibile un’opzione che la Corte Costituzionale ha già riconosciuto come possibile in determinate condizioni.

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