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CRONACA

Foto dei figli sui social?

Quando può diventare reato

Foto dei figli sui social?

Una recente decisione del Tribunale civile di Milano ha segnato un punto di svolta su una questione che riguarda moltissime famiglie italiane: la condivisione delle foto dei propri figli sui social network. In una causa tra genitori, entrambi accusatisi a vicenda di aver pubblicato immagini dei figli minorenni senza il consenso dell’altro, i giudici hanno chiarito un principio tanto semplice quanto potente: i genitori sono responsabili delle immagini dei propri figli e del loro uso online.

La sentenza, nella sua apparente semplicità, ha un impatto profondo: anche se la foto è stata scattata dal genitore, la sua diffusione sui social può configurare un reato. Nello specifico, si parla di trattamento illecito di dati personali e, in alcuni casi, potrebbe essere richiamato anche l’articolo 650 del Codice penale, che punisce chi non rispetta i provvedimenti dell’Autorità in materia di ordine pubblico o sicurezza.

Non servono nuove leggi: basta applicare quelle che già esistono

Il Tribunale ha ricordato che l’immagine di una persona è tutelata da norme consolidate del nostro ordinamento: dal Codice civile al diritto d’autore, fino al Codice penale. Questo vale anche – e soprattutto – per i minori. Il fatto che un genitore sia autore dello scatto non gli dà automaticamente il diritto di pubblicarlo, perché la tutela della dignità e della riservatezza del figlio viene prima di ogni altra considerazione.

Non solo. Se la pubblicazione ha anche un risvolto economico – pensiamo ai casi di “baby influencer” – il guadagno derivante dallo sfruttamento dell’immagine del minore dovrebbe, in teoria, essere destinato al minore stesso. Un aspetto delicato e ancora poco regolamentato.

Quando si può pubblicare la foto del proprio figlio?

La sentenza evita volutamente di stilare un elenco di situazioni “lecite” o “illecite”. Piuttosto, richiama un principio generale: chi esercita la responsabilità genitoriale ha il dovere di proteggere il figlio, anche online. Questo significa tutelarne decoro, dignità e sicurezza, valutando caso per caso se una foto possa o meno essere condivisa pubblicamente.

In sostanza, il diritto all’immagine del minore non appartiene al genitore, anche se questi è l’autore dello scatto o l’amministratore dell’account social.

Un messaggio chiaro al legislatore e ai genitori

Il Tribunale di Milano, con questa sentenza, manda un messaggio anche alla politica e alle autorità di regolazione: non serve creare nuove norme per tutelare i minori, basta applicare con rigore quelle già in vigore. Lo stesso approccio potrebbe essere esteso ad altri ambiti delicati, come la verifica dell’età per accedere ai contenuti online.

Il punto centrale è uno: la responsabilità è dei genitori, che hanno l’obbligo giuridico – non solo morale – di vigilare sui comportamenti dei propri figli e, soprattutto, sulle proprie azioni nei loro confronti.

Una decisione fuori dal tempo?

C’è chi potrebbe considerare questa pronuncia “anacronistica”, perché applica regole del secolo scorso in un mondo dominato dai social e dall’economia dell’attenzione. Ma è davvero così? La verità è che le regole possono ancora funzionare, se si ha la volontà di rispettarle. E forse è proprio questa la riflessione che dovremmo fare: vogliamo davvero cambiare le norme per assecondare ogni tendenza digitale o vogliamo mantenere dei limiti a tutela di chi non può difendersi?

Il confine tra diritto e politica

In ultima analisi, non è una questione solo giuridica, ma profondamente politica. Il diritto può adattarsi, ma le scelte che riguardano la protezione dei minori devono essere il frutto di una riflessione seria, collettiva e responsabile. Altrimenti, il rischio è quello di abbandonare i più fragili in un ecosistema digitale dove tutto è condiviso, spesso senza consapevolezza né conseguenze.

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