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educatrici sotto accusa
15.07.2025 - 05:00
Sgomento e indignazione, come spesso accade quando si parla di reati che vedono come vittime minori. Ma anche interrogativi sul futuro della scuola dell’infanzia di Polesella, al centro dell’indagine per maltrattamenti che ha portato alla sospensione per dodici mesi di tre educatrici. Poi, le legittime domande di quanti, non avvezzi a un procedimento penale, si domandano: e ora? Che succede?
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L’inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica e affidata i carabinieri è deflagrata come una bomba, a Polesella. Tanto da rendere necessaria una riflessione, che vada anche oltre il caso di specie, anche per capire di cosa si parli e come si ci debba approcciare a situazioni di questo tipo; partendo, come sempre doveroso, nel caso di procedimenti penali, a maggior ragione se ancora nelle fasi delle indagini preliminari, dalla presunzione d’innocenza.
Da qui l’idea di confrontarsi, su queste tematiche, con Anna Osti (in foto), avvocato penalista e referente di Altoditerra, associazione che si occupa della tutela di vittime di violenza, donne e minori.
Avvocato, partiamo dalla sospensione delle tre educatrici: che tipo di provvedimento è? Come viene deciso?
“Si tratta di una misura cautelare, emessa in base agli indizi di colpevolezza e al pericolo di reiterazione. Nella contestazione del reato di maltrattamenti in una scuola, evidentemente è sostenuta da intercettazioni ambientali partite dalle denunce dei fatti raccontati dai genitori e questo avrà indotto il magistrato ad emettere la misura, che ha la scopo - come dice la parola ‘cautelare’ - di impedire il protrarsi di ulteriori condotte fino all’eventuale accertamento delle responsabilità”.
L’ipotesi, perché va considerata, allo stato, una ipotesi, accusatoria è quella di maltrattamenti. Esattamente, in cosa consiste?
“Nel caso di fatti contestati all’interno di un istituto scolastico andrà verificata l’abitualità, elemento imprescindibile della fattispecie del reato di maltrattamenti, ma occorrerà anche verificare se le condotte, per ora presunte, non possano piuttosto rientrare nella nozione di abuso dei mezzi di correzione, ipotesi meno grave. Al momento, da quanto consta, l’ipotesi è di maltrattamenti, che possono essere stati fisici o psicologici, questi ultimi più difficili da provare. Quello che distingue i due reati è il cosiddetto ‘elemento soggettivo’, cioè il motivo che può avere spinto dei soggetti qualificati, chiamati per lavoro ad educare, a compiere - sempre secondo l’ipotesi accusatoria - gesti inadeguati, nei confronti di chi è stato loro affidato”.
Il fatto che questa ipotesi di reato venga contestata alle educatrici, cioè le figure alle quali i piccoli venivano affidati, che cosa comporta?
“Sicuramente, verrà contestata, nel caso in cui si ritenga sussistente il reato, anche l’aggravante per la professione svolta, prevista dal nostro ordinamento, per sanzionare la fiducia mal riposta nei confronti di chi avrebbe dovuto proteggere minori affidati all’educazione e cura”.
E adesso? Cosa succederà nell’imminente?
“Io non conosco gli atti d’indagine e do solo un’interpretazione teorica, ma se è stata emessa la misura della sospensione delle tre educatrici, che non è così afflittiva come avrebbe potuto essere e quindi molto equilibrata nella scelta prudenziale, potrebbe essere richiesto un incidente probatorio per sentire i minori. Ossia, l’audizione, in ambiente protetto e di fronte a uno specialista, delle presunte vittime, per ‘fissare’ il loro racconto. Trattandosi però di bimbi di età prescolare e non di maltrattamenti ripetuti in ambito endofamiliare, non so quanta utilità possa avere. Di certo il fattore numerico delle presunte persone offese giocherà comunque un ruolo importante nella vicenda”.
E poi?
“Partiamo da un dato di fatto: siamo ancora nella fase delle indagini preliminari. Ossia, davvero, nella fase iniziale del procedimento, nella quale la cautela è d’obbligo. Significa che la Procura, ossia la magistratura inquirente, sta ancora raccogliendo gli elementi necessari a sostenere l’accusa. Una volta che questa attività sarà considerata conclusa, sarà la Procura a comunicarlo, agli indagati. A quel punto, questi avranno la facoltà di chiedere di essere ascoltati - in questo caso nuovamente, avendo già sostenuto un interrogatorio - o di produrre memorie. Poi, sarà di nuovo la Procura a decidere se chiedere o meno il processo a carico degli indagati, che, in quel momento, assumeranno la veste di imputati”.
E le parti offese, ossia le vittime?
“Se e quando verrà fissata la data dell’udienza preliminare, nella quale si deciderà se andare a processo o meno, i loro genitori - essendo le vittime minori - riceveranno una notifica. Avranno, quindi, la facoltà di costituirsi come parti civili in un eventuale futuro processo. Ciò significa che il loro avvocato potrà prendere parte al processo, affiancando l’accusa e domandando, eventualmente, un risarcimento per il danno subito dai minori e dalle famiglie”.
E cos’altro possono fare i genitori dei bimbi identificati come parti offese di questi reati?
“Senza allarmismi, può essere importante, in casi di questo tipo, andando al di là di quello di specie, del quale, ovviamente, non conosco i dettagli, un consulto con uno specialista, per capire se i piccoli possano avere necessità di un aiuto qualificato per superare eventuali traumi”.
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