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Come schiavi nei campi: 5 euro l'ora

Arrestato il caporale

Schiavitù moderna nei campi: la ribellione che ha smascherato il caporalato nel Ferrarese

Nel cuore delle campagne ferraresi, tra Fiscaglia e Portomaggiore, si è consumata una storia di sfruttamento e sopraffazione che ha finalmente trovato una voce coraggiosa. Un bracciante pakistano di 30 anni, stanco delle condizioni disumane a cui era sottoposto, ha deciso di denunciare il sistema di caporalato che lo opprimeva. La sua denuncia ha innescato un'indagine durata due anni, culminata con l'arresto di un 47enne pakistano, accusato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravati da minaccia e violenza.

Le indagini, condotte dai carabinieri di Portomaggiore con il supporto del Nucleo Ispettorato del lavoro di Ferrara, hanno svelato un sistema di sfruttamento che si reggeva sulla vulnerabilità dei lavoratori, spesso irregolari e privi di tutele. Costretti a lavorare fino a 12 ore al giorno per una paga misera di 5-6 euro l'ora, i braccianti dovevano cedere gran parte del loro salario al caporale, che si occupava di "mediare" le loro opportunità di lavoro e fornire alloggi fatiscenti a prezzi esorbitanti.

Le condizioni di vita dei lavoratori erano altrettanto precarie. In un immobile sequestrato, 18 persone vivevano stipate in spazi angusti, pagando 150 euro al mese per un letto e altri 300 euro per vitto e alloggio. Il caporale si faceva pagare anche per il trasporto casa-lavoro, effettuato con veicoli in pessime condizioni. La malattia era un lusso che i lavoratori non potevano permettersi, pena ritorsioni o sanzioni economiche.

La denuncia del bracciante pakistano ha ispirato altri quindici lavoratori a farsi avanti, fornendo testimonianze preziose che hanno permesso ai carabinieri di documentare le violenze e le minacce subite. Un caso particolarmente grave ha riguardato il sequestro di un lavoratore, rinchiuso in casa e minacciato per ore. Questo sistema di schiavitù moderna, come sottolineato dal Comando provinciale dei carabinieri, si basava sul bisogno disperato dei lavoratori di inviare denaro alle loro famiglie in Pakistan.

L'arresto del caporale e il sequestro dell'immobile rappresentano un passo importante nella lotta contro il caporalato, un fenomeno che continua a minacciare i diritti dei lavoratori nel nostro Paese. La speranza è che il coraggio di chi ha denunciato possa ispirare altri a fare lo stesso, contribuendo a smantellare un sistema di sfruttamento che non può più essere tollerato.

Anche in Polesine, a testimonianza dell'attualità dell'allarme caporalato, di recente è stata condotta una indagine di questo tipo.

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Commenti all'articolo

  • frank1

    17 Luglio 2025 - 08:20

    to'..il caporale è un pakistano...e chi lo abrebbe mai detto...cmq,i sindacato sempre ligi..dove erano i nquesti anni??

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