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"Impossibile fare il medico così, lascio"

Il dottore di famiglia della montagna dice basta

"Non si resterà senza medico di base"

Cosa spinge un medico di base a ritirarsi anzitempo, rinunciando a quattro anni di carriera? Giancarlo Marcon, nato a Gosaldo e attivo ad Agordo, ha deciso di appendere il camice al chiodo il 31 agosto, a 63 anni, anticipando la pensione di quattro anni. La sua decisione, comunicata ai 1600 pazienti tramite una lettera, non è solo una scelta personale, ma un grido d'allarme su una professione che, secondo lui, è diventata "impraticabile".

Marcon descrive una situazione in cui la medicina di famiglia, un tempo basata su un rapporto personale e continuativo con il paziente, si è trasformata in un meccanismo burocratico e frammentato. "Non esiste più il malato, ma solo la malattia", afferma, sottolineando come la crescente domanda di cure e la parcellizzazione delle competenze abbiano eroso la qualità del lavoro. La pressione di rispondere a richieste sempre più numerose e spesso banali, come raffreddori o mal di pancia, ha portato a un aumento esponenziale delle comunicazioni via e-mail, che sebbene rapide, non possono sostituire il contatto diretto.

Oltre alle difficoltà intrinseche alla professione, Marcon evidenzia le problematiche esterne, come il definanziamento del sistema sanitario pubblico e la riorganizzazione della medicina territoriale. Le case della comunità e il ruolo unico, introdotti dal Pnrr, rischiano di trasformare il medico di famiglia da "regista" della salute a semplice ingranaggio di un sistema impoverito. "Il rapporto fiduciario e continuativo fra medico di famiglia e paziente progressivamente evaporerà", avverte Marcon.

Di fronte a questo scenario, Marcon ha scelto di ritirarsi, lasciando ai suoi pazienti la speranza che l'Ulss trovi presto un sostituto. "Anni di conoscenza e rapporti personali continuativi mi hanno arricchito come professionista e come uomo", scrive, ringraziando i suoi pazienti per l'esperienza vissuta. La sua decisione non è solo un addio, ma un invito a riflettere sul futuro della medicina di base e sul valore del rapporto umano nella cura.

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