VOCE
il caso
28.07.2025 - 06:58
San Marino, la piccola Repubblica incastonata tra le colline italiane, ha dimostrato ancora una volta che la sua voce può risuonare forte e chiara nel panorama globale. In un'epoca in cui i giganti della tecnologia sembrano invincibili, San Marino ha inflitto una multa di 3,5 milioni di euro a TikTok, il colosso cinese dei social media, per violazioni in materia di protezione dei dati personali. Questa decisione, confermata dal Tribunale della Repubblica il 26 luglio, rappresenta un segnale potente e un precedente che potrebbe influenzare le politiche di protezione dei dati a livello mondiale.
Al centro della disputa legale vi è l'insufficienza delle misure adottate da TikTok per verificare l'età dei suoi utenti. L'Autorità Garante per la protezione dei dati personali di San Marino ha criticato aspramente la piattaforma per non aver implementato un sistema adeguato per rilevare dichiarazioni mendaci durante la registrazione e l'accesso. In particolare, è stato sottolineato come TikTok non abbia verificato adeguatamente che il consenso al trattamento dei dati fosse prestato da utenti maggiori di 16 anni o, nel caso di minori, dai titolari della potestà genitoriale.
Nonostante TikTok avesse già pagato la multa, la società ha tentato di impugnare il provvedimento, sperando di ottenere l'annullamento della sanzione. Tuttavia, il Tribunale ha dichiarato il ricorso improcedibile, evidenziando come il programma di verifica dell'età proposto da TikTok non soddisfacesse nemmeno i requisiti minimi. Il commissario della legge ha sottolineato che non vi era alcuna azione che corrispondesse al significato di "verifica", inteso come accertamento dell'esistenza, della veridicità e dell'esattezza delle informazioni.
L'Autorità Garante ha descritto le misure di TikTok come "pallottole spuntate", sottolineando l'importanza di questo caso non tanto per l'importo della multa, quanto per il precedente che stabilisce. San Marino aveva già affrontato un caso simile con Facebook (oggi Meta Inc.) nel 2019, quando inflisse una multa di 4 milioni di euro per la diffusione non autorizzata dei dati personali di oltre 12mila residenti. Anche in quell'occasione, il ricorso del colosso tech fu respinto.
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