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Calcio Serie D
28.07.2025 - 08:30
“Voglio salutare e ringraziare tutti per questi quattro anni molto belli all’Adriese, cui ora auguro di fare un bellissimo campionato, senza alcun senso di rivalsa. Ho solo bei ricordi: sono state stagioni diverse ma anche simili, sempre vissute ad alto livello”. Come dare torto all’ex tecnico granata Roberto Vecchiato, che con le sue 156 panchine, dal 2021 al 2025, è diventato il recordman granata negli anni Duemila, consentendo all’Adriese di insediarsi stabilmente ai piani alti della Serie D (due terzi, un ottavo e un quarto posto) e trascinandola alla vittoria dei playoff 2024-25. A lungo nelle settimane scorse, nonostante mille vicissitudini societarie, la sua permanenza era sembrata fattibile, ma alla luce del rinnovamento totale impresso dalla nuova dirigenza l’addio è diventato inevitabile.
Così, in coincidenza dell’annuncio del suo successore, il cavallo di ritorno Massimo Pedriali, ecco il commiato del tecnico mestrino, che poi ha affidato un saluto anche ai canali social del club, ricevendo decine di apprezzamenti.
Vecchiato, qual è stato il momento più bello in questi quattro anni?
“L’ultima stagione, con la conquista dei playoff, ha visto il raggiungimento dell’obiettivo più elevato: c'era la sensazione di aver coronato un bel percorso. Invece la prima, il 2021-22, si rivelò quella con la media punti maggiormente alta, 66 in 34 partite, con tanto di finale playoff pareggiata (ma venendo penalizzata dalla peggior classifica rispetto all’Union Clodiense ndr). Mentre il secondo anno (2022-23) fu quello più vicino alla vittoria: se Gioé non si fosse fatto male a 8 giornate dalla fine, ce la saremmo giocata seriamente sia in campionato, nel quale arrivammo a 4 punti dal Legnago vincitore, che in Coppa Italia, eliminati in semifinale dalla Giana Erminio in maniera 'strana' (alludendo al rigore, alquanto discutibile, che decise il match ndr)”.
Sono quelli i suoi più grandi rimpianti, che hanno privato la sua Adriese del salto di qualità definitivo chiamato Serie C?
“Sì, in quel campionato, in cui eravamo primi a Natale, si poteva davvero fare qualcosa in più. Poi a gennaio ci fu un calo fino all’infortunio di Bryan, che fino a quel momento era capocannoniere del girone. È un rimpianto che abbiamo e che ho: ma nello sport gli infortuni fanno parte del gioco”.
L’anno più difficile?
“Sicuramente il 2023-24: ci trovammo in inverno con tanti infortuni in attacco e quint’ultimi in classifica. Poi però tirammo fuori un grande carattere, rimontando molto velocemente e sfiorando i playoff”.
Anche il finale di queste settimane è stato amaro.
“Sapevamo da marzo che l’ex presidente Luciano Scantamburlo non voleva più continuare. Ci siamo autocaricati per dimostrare di essere forti, per fargli cambiare idea o per far sì che chi subentrasse mantenesse questo gruppo. Ma non ci siamo riusciti”.
Rimpiange la scelta di aver atteso l’Adriese fino in fondo?
“No, perché ho sempre avuto la speranza di restare, a costo di precludere altri percorsi. Ma è un rischio che ho corso consapevolmente e lo farei ancora. Sono molto sereno, era la cosa giusta da fare. Ora mi godrò un po’ la famiglia, dopo 12 anni di inizi di stagione: poi da qualche parte tornerò ad allenare”.
Via con i ringraziamenti.
“Alberto Cavagnis, per avermi portato qui; il mio vice e amico Filippo Vianello, che mi ha supportato e sopportato; Enrico Boscolo, Nico Moretti e Max Neri, persone con cui, sotto l'egida di Sante Longato, si è instaurato un legame molto forte, anche a seguito della sua tragedia. Ebbene, parlare di Sante è riduttivo: mi ha fatto amare Adria e l'Adriese, raccontandomi la storia della città e del club. Gli sarò sempre riconoscente”.
Molti dicono, lo ha fatto anche Scantamburlo ai nostri taccuini, che con Longato non ci sarebbe stato questo marasma societario.
“Invece, di fronte a questo discorso che tanti fanno, mi infastidisco. Proprio perché non c’è più Sante si sarebbe dovuto continuare con questo gruppo. E, in sua memoria, fare meno casino in questi mesi: ma i protagonisti non ci sono riusciti. Io, come i giocatori, tutto ciò che potevo fare l'ho fatto”.
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