VOCE
Istruzione e lavoro
28.07.2025 - 22:00
“Non studio non lavoro, non guardo la tv”. Così recita il ritornello dell’iconica “Io sto bene” dei Cccp, con un’ulteriore strofa nella quale si ripete: “Io sto bene, io sto male, io non so cosa fare”. E, a parte la televisione, in Polesine quasi due giovani su dieci non studiano e non lavorano. Sostanzialmente, non sanno cosa fare.
E’ il dato di Neet, acronimo dellalocizione inglese “Not in education, employment or training”, ovvero i giovani che non hanno alcuna attività formativa in corso e che non sono nemmeno in cerca di un'occupazione. Ovvero, i rassegnati. Che in provincia di Rovigo sono percentualmente di più che a livello nazionale e regionale.
Secondo i più aggiornati dati Istat, indicatori Bes dei territori, nel 2023 in Veneto i Neet erano il 10,3%, ben al di sotto della media, altissima, su scala nazionale, il 16,1%. Ecco, in Polesine questo dato si attesta sul 17,5%. Seppur in calo rispetto al 23,4% del 2022, si tratta comunque di oltre cinque punti percentuali in più rispetto alla penultima provincia a livello regionale, Vicenza con il 12,4%, e oltre il triplo della migliore, che in questo caso è Belluno, con appena il 5,2%.
Ma Rovigo ha anche la più bassa partecipazione alla formazione continua e il più alto livello di studenti di III superiore con competenze matematiche e linguistiche non adeguate, rispettivamente il 37,6% e il 38% a fronte di una media regionale del 33,3% e del 33%, anche se è più alta la media nazionale, 44,2% e 38,5%. Proprio la dispersione scolastica è uno dei fattori da tenere in considerazione, perché il Polesine, nonostante una lieve flessione della quota di studenti che hanno interrotto la frequenza a scuola, dal 2,84% al 2,64%, nell’anno scolastico 2023/2024 ha avuto un tasso di dispersione doppio rispetto alla media regionale, scesa all’1,33% dall’1,56% dell’anno precedente. E questo significa giovani usciti prematuramente dal sistema di formazione, con tutto quello che ne consegue.
Nel “Rapporto statistico del Veneto 2025”, appena pubblicato dalla Regione c’è un intero paragrafo dedicato ai Neet, anche se manca il dettaglio per provincia. “In Italia sul totale dei 15-29enni - si spiega - la quota di Neet è pari al 15,2%, in forte diminuzione rispetto al dato del 2020, che a causa dell’impatto della pandemia sull’occupazione giovanile era molto alta (23,7%), al valore del 2022, quando già si è registrata comunque una buona riduzione (19%), e all’anno scorso che era pari al 16,1%. La situazione nel Veneto è tra le migliori del Paese: i Neet continuano a diminuire e nel 2024 sono il 14% in meno dell’anno prima, incidendo per il 9% sui giovani 15-29enni, il secondo valore più basso tra le regioni italiane (primo il Trentino Alto Adige con il 7,7%), e raggiungendo già il target europeo della quota al massimo del 9% entro il 2030. Nonostante si registri in tutte le regioni una riduzione forte di giovani in questa condizione negli ultimi anni, le differenze regionali rimangono elevate a svantaggio del Mezzogiorno dove quattro regioni hanno valori superiori al 20%. Le regioni con la quota più elevata di Neet sono Calabria (26,2%), Sicilia (25,7%), Campania (24,9%) e Puglia (21,4%)”.
Purtroppo, il dato polesano sembra essere più vicino a queste che al resto del Veneto.
In una recente analisi Openpolis – Con i Bambini su dati Eurostat si rimarca come “nonostante il calo nell’ultimo decennio, l’Italia resta, nel contesto europeo, uno dei paesi con più giovani cosiddetti Neet, ovvero che non studiano, non lavorano e non frequentano percorsi di formazione. Una quota superiore rispetto alla media europea (11%) e distante dall’obiettivo Ue per il 2030: scendere al di sotto del 9% di giovani Neet. Ridurre questa percentuale significa mitigare la dispersione della risorsa più importante a disposizione di un paese: l’energia e il talento delle sue giovani generazioni. Non si tratta di un problema che riguarda solo le ragazze e i ragazzi, frustrati nelle loro aspirazioni e nelle possibilità di autonomia e di crescita personali. Il fatto che una parte non irrilevante della popolazione giovanile resti esclusa dai percorsi di istruzione, formazione e - successivamente - dal mondo del lavoro rappresenta un vero e proprio problema sociale”.
Nella ricerca si analizzano inoltre, per i comuni con più di 5.000 abitanti, la percentuale di iscritti in anagrafe di 15-29 anni al 2020 che non avevano un’occupazione regolare e non seguivano un percorso di studio. Per quanto riguarda il Polesine, il quadro che emerge non sembra seguire una curva demografica o geografica: la più alta percentuale, infatti, si registra a Taglio di Po con il 20,1%, davanti al capoluogo Rovigo con il 18,7%. Poi, Porto Viro col 18,1%, Lendinara col 17,5%, Occhiobello con 17,1%, Badia Polesine col 16,6%, Adria col 15,9%, Porto Tolle col 15,3%, Rosolina col 13,5%.
Anche per combattere la problematica di Neet, a marzo la Regione Veneto ha lanciato un bando per l’occupazione giovanile con il nuovo avviso “Giovani Energie in Azione”, finanziato dal Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) nell’ambito del Pr Veneto 2021-2027, con una dotazione complessiva di 8 milioni di euro. “L’iniziativa - ha spiegato l’assessore a Istruzione e Lavoro Valeria Mantovan - punta a rafforzare l’occupabilità e l’inclusione dei giovani, dando continuità ai risultati positivi già ottenuti con la precedente edizione di ‘Giovani Energie’. I dati di monitoraggio hanno confermato che i percorsi attivati hanno avuto un impatto positivo, per questo la Regione del Veneto conferma il sostegno a progetti innovativi che diano risposte efficaci ad affrontare le sfide del mercato del lavoro, sostengano l’attivazione dei giovani e favoriscano continuità agli interventi e alle reti territoriali attive in Regione. Negli ultimi anni il Veneto ha registrato una riduzione del 20% dei giovani Neet, ma restano criticità legate alla precarietà lavorativa, al benessere psicologico e alle disuguaglianze di genere: con questo cvviso vogliamo consolidare i successi già ottenuti, affrontare queste nuove sfide e offrire ai giovani strumenti concreti per entrare e rimanere nel mondo del lavoro”.
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