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orrore sotto le torri

“Un grazie a tutti i miei uomini”

La solidità dell’indagine confermata da tre giudici. Il questore: “Giorni di lavoro ininterrotto”

“Un grazie a tutti i miei uomini”

La solidità dell’indagine confermata da tre giudici. Il questore: “Giorni di lavoro ininterrotto”

La scena, quella notte di sabato 19 luglio, era agghiacciante.

Una delle peggiori, se non la peggiore, mai vista negli ultimi anni, a Rovigo. Due ragazzi, sanguinanti, accoltellati a colpi di bottiglie rotte, riversi sul liston di piazza Matteotti, a Rovigo. E, su di loro, i soccorritori del Suem, che hanno fatto di tutto per salvarli. Per uno è stato possibile, per l’altro, purtroppo, no.

Amine Gara, 22 anni, tunisino, è morto poco dopo il trasporto al pronto soccorso dell’ospedale di Rovigo. L’altro ferito, invece, un connazionale, di 30 anni, ce l’ha fatta. Dopo vari giorni in prognosi riservata, ora è fuori pericolo.

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Una notte tremenda. Nella quale, però, sin da subito si è vista, da parte delle forze dell’ordine in generale e della polizia in particolare, che ha poi seguito il caso, una risposta immediata, corale. Di cuore, prima ancora che di lavoro.

Momenti che il questore Eugenio Vomiero ha ancora negli occhi e nella mente.

“Quella notte - racconta - ho visto la mia dirigente della squadra mobile, la dottoressa Marica Bozzelli, chiamare tutto il personale disponibile, non solo chi aveva la reperibilità. Non ho sentito nessuno tirarsi indietro, ma tutti rispondere, semplicemente ‘arrivo subito, dottoressa’. Gli uomini delle Volanti hanno tutti prolungato il proprio orario di servizio, pur di dare una risposta immediata”.

Tutti, sin da subito, impegnati sul campo, quindi.

“Tutti. Una sintonia immediata e una collaborazione totale. Tutti hanno messo in campo il cuore. Sono qualità che i miei uomini e le mie donne hanno nel sangue. Non a caso, tanti hanno un passato da rugbisti”.

Come avete reagito a caldo a un fatto che ha choccato Rovigo?

“Mettendo in campo una perfetta sintonia. Ci siamo mobilitati subito tutti. Sono arrivati la dirigente della mobile, la commissario capo Marica Bozzelli, il dirigente delle Volanti, commissario capo Lorenzo Zelletta, l’ispettore della polizia scientifica Peppino Fardella. Sono arrivato anch’io. Si è immediatamente instaurata una collaborazione e una condivisione totale tra sala operativa, volanti, squadra mobile e scientifica. Al mattino, presto, il capo di gabinetto, vice questore aggiunto Matteo Berna Nasca, e il responsabile dell’immigrazione, vice questore aggiunto Fabrizio Servidio, mi hanno affiancato. Ci sono immagini che non dimenticherò mai. Belle immagini”.

Del tipo?

“La dottoressa Bozzelli che lavorava fianco a fianco con il sostituto procuratore dottoressa Rebecchi. Due giovani donne, due giovani funzionarie, assieme, di notte, a guardare le prime immagini della videosorveglianza, a indagare”.

Insomma, a fronte di uno scenario gravissimo, nessuno si è perso d’animo, anzi.

“No, la reazione è stata di cuore. Che, spesso, è il fattore umano principale, quello che consente poi di dare l’esempio. Per questo voglio dire un grande ‘grazie’ ai miei uomini e alle mie donne. Li ho visti rispondere immediatamente ‘presente’, senza alcuna esitazione, gettarsi a capofitto nell’indagine, a costo di pesanti sacrifici personali, senza nessun dubbio, con naturalezza. Ho visto persone che amano il proprio lavoro, che hanno cuore. Mi ha colpito, davvero”.

Tra l’altro, quella notte c’è stata un’altra emergenza. Avete dovuto fronteggiare le intemperanze dei rugbisti gallesi ubriachi, che a un certo punto sono persino arrivati sul luogo dell’omicidio.

“Sì. Per fortuna ci hanno aiutato i carabinieri, che devo ringraziare, così abbiamo potuto contenere, gestire e risolvere questa situazione incresciosa”.

Allarghiamo il discorso. L’ultimo mese, a Rovigo, dal punto di vista della sicurezza, è stato difficile. Operativamente, come si reagisce? Come si inizia a uscirne?

“Lavorando assieme, tutti gli apparati, tutti gli attori. Questo è fondamentale. Purtroppo, quello che sta accadendo a Rovigo non è un fenomeno sconosciuto. Lo abbiamo visto accadere anche in altre realtà. Ma la risposta esiste e siamo pronti a darla”.

Intanto, una prima risposta all’orrore del 19 luglio, è già arrivata. Una indagine che ha portato a cinque fermi disposti dalla Procura per altrettanti giovani pakistani, accusati di avere preso parte, a vario titolo, all’aggressione mortale sotto le torri.

Fermi tutti convalidati da tre distinti giudici per le indagini preliminari. Come dire: l’indagine è solida.

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