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“Inaccettabile la chiusura del Sai”

I rappresentanti delle associazioni cattoliche scrivono al sindaco: “Decisione grave, ci ripensi”

“Inaccettabile la chiusura del Sai”

Ieri la giunta comunale si è riunita per revocare, come annunciato, la delibera con la quale si rinnovava, ampliandolo con un accordo con i Comuni di Adria e Badia Polesine, il Sai, il Sistema di accoglienza e integrazione, l’ex Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che pur con una diversa denominazione andava avanti dal 2001, rinnovato anche sotto l’amministrazione Bergamin, con il sindaco stesso che aveva spiegato come questo tipo di accoglienza fosse “quella buona, a differenza di quella di emergenza”. Attualmente le persone seguite dal progetto erano 30, 25 ospitate a Rovigo e 5 ad Adria, e la nuova delibera intendeva portare a 60 il numero complessivo anche per fronteggiare l’incremento dei flussi dall’Ucraina.

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Il sindaco Valeria Cittadin ha spiegato prima in una conferenza, poi in consiglio comunale, i motivi che l’hanno portata a fermare tutto. Ma c’è chi non si mostra affatto d’accordo. Con una lettera, firmata da Fiorenzo Scaranello per l’Azione Cattolica, Livio Ferrari per il Centro Francescano di ascolto, Roberta Cusin per le Acli, la Fondazione famiglia missionarie della Redenzione, Maria Papadia per il Movimento per la Vita, Carla Vallin e Mario Chieregato per il Movimento dei Focolari ed Andrea Borgato per il Gruppo Bachelet, si dice che è stata “una decisione grave, che indebolisce il territorio”.

Nella lettera i firmatari, “rappresentanti di diverse realtà ecclesiali e di impegno socio-culturale del mondo cattolico”, esprimono “una netta e motivata contrarietà” alle decisione, ed evidenziano: “Con profondo sconcerto prendiamo atto della decisione della giunta comunale di Rovigo di recedere dal progetto Sai, attivo in città da oltre vent’anni e finanziato interamente dal ministero dell’Interno. Un progetto consolidato, che ha rappresentato per Rovigo uno strumento efficace e riconosciuto di inclusione sociale e governo del fenomeno migratorio. La decisione, resa pubblica il 29 luglio dal sindaco, appare incongruente rispetto a quanto deliberato appena qualche giorno prima dalla stessa giunta, che aveva approvato la prosecuzione triennale del progetto per il periodo 2026–2028. Un cambio di rotta repentino e privo, ad oggi, di spiegazioni concrete”.

Il Progetto Sai, rimarcano i firmatari, “ha garantito nel tempo percorsi personalizzati di accoglienza, formazione e inserimento lavorativo, coinvolgendo in modo responsabile il tessuto economico e sociale cittadino. Attualmente attivo per 30 beneficiari (su una popolazione di 50mila abitanti), ha generato ricadute positive per l’intera collettività: dai corsi di lingua italiana alla mediazione culturale, dal sostegno abitativo alla collaborazione con enti pubblici e privati, tra cui l’Ulss, le scuole, il Centro per l’impiego e le associazioni del territorio. Anche il mondo agricolo e logistico locale ha beneficiato dell’inserimento lavorativo dei beneficiari del Sai, in un contesto dove il 70% dei nuovi contratti nel 2024 ha riguardato lavoratori stranieri”.

In più, si sottolinea, “il progetto, interamente a costo zero per il Comune, porta sul territorio oltre un milione e mezzo di euro ogni tre anni, e rafforza il sistema locale dei servizi: rinunciando, l’Amministrazione Comunale si troverà comunque a dover sostenere con mezzi propri l'assistenza di singoli e famiglie migranti che si trovano sul territorio, senza contare poi che la sua sospensione, alla vigilia dell’apertura del carcere minorile, rischia di lasciare un vuoto incolmabile proprio nei presidi di mediazione sociale e culturale. L’accoglienza non è un’opzione ma un dovere civile. Papa Francesco ha ribadito con forza che ‘accogliere, proteggere, promuovere e integrare’ i migranti è una responsabilità morale che interpella la coscienza di ogni comunità (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, 2018). Anche Papa Leone XIV, nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2025, ci ricorda che ‘migranti e rifugiati sono riconosciuti come fratelli e sorelle, parte di una famiglia in cui possono esprimere i loro talenti e partecipare pienamente alla vita comunitaria’. La scelta di rinunciare a un progetto come il Sai, che incarna concretamente questi valori e promuove un'integrazione reale e partecipata, appare inaccettabile”.

Perché, è la sottolineatura dei firmatari, “non si tratta solo di un gesto di solidarietà, che già di per sé qualifica una società, ma di una forma di buona amministrazione, di custodia del bene comune e di costruzione della pace sociale”.

Per questo, con la lettera si chiude con l’invito all’amministrazione “a riconsiderare la propria decisione, mettendo al centro una visione alta della politica, intesa come servizio alla comunità tutta, a partire dai più fragili”.

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