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GIUBILEO

“I giovani oggi vogliono la pace”

Ragazzi accompagnati dal vescovo Pavanello insieme a scout, volontari, Protezione civile e alpini

“I giovani oggi vogliono la pace”

“Questo ‘chiasso’ ha colpito Roma e Roma non lo dimenticherà mai!”. Indimenticabili, forti, potenti. Queste le parole di Giovanni Paolo II in quel 2000 che vide arrivare a Tor Vergata migliaia di giovani per la prima Gionata mondiale della gioventù. Ieri, più di un milione di loro è tornato a riempire la spianata per l’evento conclusivo del Giubilo dei giovani: ad accoglierli, 25 anni dopo, un mondo diverso, un’umanità che ha visto l’11 settembre, la guerra in Siria, la pandemia e i conflitti in Ucraina e a Gaza.

I giovani sono cambiati, ovunque si registra un calo di credenti (nel 2013 erano il 56,2%, nel 2023 il 32,7%) ma non la necessità, la ricerca di spiritualità viva, in questo caso, di una speranza convinta, più vera forse. Lo hanno dimostrato i canti, gli assembramenti nella metro, nei mezzi pubblici, nel vortice gioioso di bandiere, lingue e canti: per 7 giorni, dal 28 luglio e fino a ieri, Roma è stato il centro del mondo. Tra le strade, antiche martiri, dell’Urbe anche una grande rappresentanza del Polesine, in primis con la diocesi di Adria-Rovigo e il suo gruppo di più di un centinaio di giovani provenienti da ogni angolo della provincia.

Per loro, il pellegrinaggio è iniziato tra le macerie dell’Aquila, nel segno di una speranza che può risorgere dalle sue ceneri. “La scelta di dedicare tre giorni di preparazione prima di arrivare a Roma si è dimostrata molto valida. L’ascolto delle clarisse di Paganica ci ha accostato una chiesa provata dal terremoto, che ha vissuto la catastrofe, che ha visto la morte in faccia ma ha sentito la presenza del Signore.

I ragazzi sono ancora sensibili alla spiritualità, si lasciano coinvolgere” ha commentato il vescovo, Pierantonio Pavanello alle porte di San Paolo fuori le mura, prima tappa del loro arrivo a Roma, seguendo: “Penso che questa enorme partecipazione mondiale sia un segno che la chiesa dà a tutti, specie agli adulti: i giovani sono il futuro. Vogliono un mondo che viva nella pace, nella giustizia. Dobbiamo credere nei giovani, nelle loro scelte e sentire la responsabilità educativa nei loro confronti. Dobbiamo fare in modo che trovino la loro strada e costruiscano il loro futuro. Tante volte, adulti e anziani, pensiamo al nostro benessere e a conservare i nostri privilegi”.

E l’urlo della pace è risuonato fin dall’inizio della settimana, proprio da piazza san Pietro. Dopo la messa di benvenuto, Papa Leone ha fatto il suo ingresso a sorpresa e a braccio ha esortato a gridare: “Vogliamo la pace nel mondo”. Urlo che si è sentito anche per i giorni successivi: porte sante, tamburi per le strade, bandane verdi speranza: l’ondata della gioia ha investito tutti, ragazzi in primis. “Sembra di essere di nuovo alla Gmg di Lisbona” spiega Sofia, seguita da Matteo: “E’ miscuglio di tante emozioni nuove, non ho mai partecipato prima d’ora ma si sente la speranza, la gioia di stare insieme tra noi da tutta la diocesi e con i ragazzi del mondo”. Per Mila, invece, è stata l’occasione per confrontarsi, scoprirsi e riconoscersi: “Mai fatto un’esperienza simile, dopo la paura per la novità, ho vissuto un clima di famiglia meraviglioso. Qui ho fatto pace con me stessa”. Zaino in spalla e un bastone sostituito dai cellulari: non è un cambiamento ma l’evoluzione di un modo di camminare, di battere le strade nel mondo, questo si vedeva tra le basiliche papali, i binari delle stazioni e gli ultimi fatidici cinque chilometri a piedi prima di raggiungere l’enorme spiazzo, ristrutturato per l’occasione, di Tor Vergata per la veglia finale di sabato e la messa di ieri mattina: “E’ un’esperienza che mette alla prova tra fatica fisica e stanchezza ma ogni giorno è ripagato, questa gioventù grida a una sola voce la speranza” rimarca Matteo.

Ecco quindi l’acero del Canada, le croci inglesi, il verde intenso portoghese: uno strabiliante caleidoscopio di vita ha urlato da tutta la città eterna. Convintissima Alessia che sottolinea l’unità del cuore, insieme ad Alessandra: “Occasione per conoscermi e conoscere”. Tra i tanti, anche il gruppo Movimento studenti Azione Cattolica, con Ferruccio che condivide: “E’ un momento difficile da descrivere, ci si fa forza e si riceve un’energia potentissima” e il gruppo Scout 1 di Canda: “Siamo arrivati domenica in treno e abbiamo iniziato la nostra ‘route’ lunedì mattina partendo a piedi da Civita Castellana, camminando circa 10 chilometri al giorno, fino alle porte di Roma, attraverso alcune tappe della via Francigena, arrivati a San Pietro ci siamo poi ricongiunti alla diocesi. Essere così in tanti qui dimostra che si può fare la differenza insieme” aggiungono Mattia e Margherita.

Tra il flusso continuo verso la basilica di San Pietro, anche la protezione civile e la squadra della sezione Alpini di Padova Rovigo: “Qui c’è uno spirito di comunione tra le persone che in altre parti e interventi non vedi. Siamo in 5 elementi e prestiamo servizio per la sicurezza delle aree interessate - spiega, mentre si trovava a presidiare via della Conciliazione, Carlo Maria Piuma - controlliamo gli afflussi ai varchi e provvediamo a direzionare i ragazzi, sono però eccezionali: consapevoli, responsabili, una botta di giovinezza incredibile per tutti”. E, tra i prati di Tor Vergata anche chi, proprio 25 anni fa c’era e da lì si è creato una famiglia, come spiega Dario da Fiesso Umbertiano. Dai bracci del colonnato del Bernini all’abbraccio di un prato alla Woodstock, un milione di speranze sono risuonate all’arrivo di Leone XIV in elicottero, dapprima per la veglia notturna e poi per la messa conclusiva: “Aspirate a cose grandi, ovunque siate” ha esortato rivolto alla platea coloratissima. E Roma, è il caso di dirlo, se ne è accorta.

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