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“Rincari, serve una filiera corta”

Campion: “Per valorizzare il territorio occorre una strategia condivisa tra chi produce e chi trasforma”

“Rincari, serve una filiera corta”

L’aumento dei costi delle materie prime alimentari continua a mettere sotto pressione le imprese artigiane della trasformazione. Cacao, caffè, burro e latte sono solo alcuni dei prodotti che hanno registrato rincari significativi, amplificati da incertezze climatiche, tensioni geopolitiche e prezzi energetici in crescita.

In provincia di Rovigo, una terra con forti radici agricole e artigianali, Confartigianato Polesine suggerisce un cambio di passo: lavorare per costruire una filiera corta autentica, che metta in rapporto stabile e collaborativo agricoltori e artigiani, perché solo così si può generare valore economico e identità locale. “Anche se alcune materie prime vanno inevitabilmente importate - osserva Marco Campion, presidente di Confartigianato Polesine - ci sono diverse produzioni che possono essere attinte dal territorio. Creare legami stabili tra chi coltiva e chi trasforma significa trattenere valore locale, ridurre la vulnerabilità ai mercati esterni e costruire un marketing forte e riconoscibile”.

In Veneto le imprese artigiane alimentari sono più di 6.000, e anche nel Polesine il settore porta avanti una tradizione consolidata con centinaia di attività: panifici, pasticcerie, gastronomie, gelaterie, birrifici, caseifici artigiani. Realtà che fanno fatica a trovare materie prime locali e, nel contempo, subiscono rincari importanti: il cacao è aumentato del 220% in tre anni, il burro ha superato gli 8 euro/kg, il latte crudo è salito del 20% e i mangimi del 56%.

“Oltre alla materia prima - aggiunge Campion - pesano i costi dell’energia, della logistica e degli imballaggi. Molte imprese restano isolate. Creare un’alleanza tra agricoltura e artigianato può diventare una risposta concreta, capace di rafforzare il tessuto locale e offrire nuove opportunità per ambedue i settori. Oggi non basta parlare di prodotti tipici, dobbiamo creare un sistema integrato, in cui il pomodoro coltivato in provincia diventa salsa in un laboratorio artigiano, facendosi notare nel panorama mondiale come successo ad una nostra associata, il latte delle stalle locali e la frutta si trasformano in gelato, i cereali si fanno pane. Una filiera a km zero, che diventi marchio del territorio e possa anche essere raccontata fuori, in chiave turistica ed economica”.

Lo conferma anche Andrea Finotti, presidente della Federazione alimentari di Confartigianato e fornaio di mestiere: “Da tempo noi collaboriamo con aziende agricole locali per ricercare le farine del nostro territorio e ricavare un prodotto identitario e polesano, i consumatori chiedono la tracciabilità e la tipicità. Ma ogni artigiano fa da sé, sono iniziative individuali e il prezzo finale ovviamente è più alto. Se riuscissimo a organizzare una rete stabile con i coltivatori locali, un accordo di filiera per fare massa critica, per proporre prodotti tipici polesani a prezzi calmierati, sarebbe una conquista, anche in un'ottica di sostenibilità e valorizzazione dell'agroalimentare che in Polesine è un valore aggiunto dell'economia”.

Per rafforzare questa proposta, la collaborazione tra istituzioni locali e realtà produttive è fondamentale: accordi d’area, reti miste, promozione integrata. “Solo così il Polesine potrà costruire una identità alimentare territoriale, in grado di esprimere qualità, autenticità e attrattiva, coinvolgendo anche il settore terziario impegnato nel turismo”, conclude il presidente Campion.

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