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Allevatori messi in fuga dai lupi

"Ce ne andiamo, qui non resterà più nulla"

Lupi: "Le predazioni si combattono soprattutto con la prevenzione"

In un angolo pittoresco del Veneto, tra le verdi colline della Lessinia, si sta consumando una crisi che minaccia di trasformare un paesaggio idilliaco in un deserto di rovi. Gli allevatori locali, custodi di una tradizione secolare, si trovano a fronteggiare un nemico antico e al contempo moderno: il lupo. Le predazioni sono diventate un incubo ricorrente, costringendo molti a svuotare i pascoli e a riportare gli animali in stalla.

Il 7 agosto 2025, Armando Lavarini, un allevatore di Erbezzo (Verona), ha preso una decisione storica: ritirare il suo bestiame da Malga Rambalda, a 1.380 metri di altitudine. Dopo due mesi di alpeggio e numerosi attacchi da parte dei lupi, i prati sono rimasti desolatamente vuoti. "È una sconfitta", ammette Lavarini, condividendo il suo dolore con altri allevatori come Michelangelo Lavarini, Stefano Benedetti Vallenari e Massimo Campostrini.

Le statistiche parlano chiaro: tra il 27 maggio e l'1 agosto, il Parco della Lessinia ha registrato 26 predazioni in 22 eventi distinti, tutti attribuiti ai lupi. Michelangelo Lavarini, 60 anni, racconta di vivere nel terrore, con il suo bestiame che non si allontana più dalla stalla per paura. "Abbiamo provato con dissuasori sonori e luminosi, ma i lupi sono intelligenti", spiega, preoccupato per il futuro del figlio che vorrebbe seguire le sue orme.

La situazione è drammatica anche per Benedetti Vallenari, che gestisce un'azienda agricola con il fratello. "Non puoi semplicemente chiudere un'attività che la tua famiglia ha costruito per generazioni", afferma, sottolineando il rischio di vedere la Lessinia trasformarsi in un luogo abbandonato. Massimo Campostrini ricorda un tempo in cui la Lessinia era un giardino, mentre oggi è un territorio in declino.


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