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allevamenti
07.08.2025 - 15:09
Cosa succede quando un nemico invisibile si insinua tra le valli e le colline del Nord Est, colpendo duramente un settore già fragile? È quanto sta accadendo con l'epidemia di febbre catarrale degli ovini, meglio conosciuta come morbo della lingua blu, che ha recentemente fatto il suo ingresso in Friuli Venezia Giulia e Veneto, causando preoccupazione tra gli allevatori e le autorità locali.
Il morbo della lingua blu ha superato le barriere geografiche, colpendo duramente le regioni del Friuli Venezia Giulia e del Veneto. In Friuli, il comune di San Leonardo è stato il primo a registrare un focolaio significativo, con l'allevatore Pietro Faidutti che ha visto decimate le sue 400 pecore. Nel Bellunese, la situazione è altrettanto critica, con focolai raddoppiati in una settimana e una moria di yak che ha colpito il territorio.
Le istituzioni locali si sono mobilitate rapidamente. In Veneto, l'Azienda sanitaria Ulss Dolomiti ha avviato una profilassi mirata e ha istituito un'unità di crisi veterinaria. Il commissario Giuseppe Dal Ben ha rassicurato la popolazione sulla sicurezza del consumo di carne e latte, mentre il dottor Gianluigi Zanola coordina le operazioni di emergenza. In Friuli, il sindaco di San Leonardo, Antonio Comugnaro, ha chiesto un confronto urgente con la Regione, ma l'assessore regionale Stefano Zannier ha chiarito che non sono previsti ristori, puntando sulla vaccinazione e la quarantena come uniche soluzioni.
Il virus non rappresenta un rischio per la salute umana, ma le conseguenze economiche e sociali sono significative. Gli allevatori, già alle prese con le difficoltà del settore, si trovano ora a fronteggiare perdite ingenti senza un supporto economico adeguato. Zaccaria Tona, presidente della cooperativa Fardjma, ha espresso preoccupazione per la razza ovina alpagota, mentre il sindaco di Alpago, Alberto Peterle, ha sottolineato l'importanza della zootecnia montana per il territorio.
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