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07.08.2025 - 20:18
In 13 anni quadruplicati i polesani emigrati, sono 1.755 dal 2011. In un anno 192 under 35 sono andati via
Rovigo perde i suoi giovani, che emigrano verso l’estero. Nel 2024 si sono contati ben 192 emigrati under 35, il 61% dei quali sono laureati. Secondo i dati Istat e Unioncamere Veneto, Rovigo è oggi la provincia veneta con il tasso più alto di fuga di cervelli. Dal 2011 al 2024, sono 1.755 i giovani polesani emigrati, e nella maggior parte dei casi non fanno più ritorno.
Lo fa notare Volt Europa Volt Europa (spesso abbreviato in Volt), un movimento politico europeo federalista, sotto forma legale di associazione di partiti e persone, fondato nel 2017 da Andrea Venzon.
“In appena tredici anni, le migrazioni giovanili dal Polesine sono quadruplicate - fa notare il movimento - Nel 2011 erano solo 47. Una crescita costante, che fotografa un trend ormai strutturale. E a preoccupare ancora di più è il profilo di chi parte: oltre il 61% è laureato”.
Secondo Volt, “a spingere i giovani alla partenza è la cronica assenza di opportunità. Nel 2024, il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a Rovigo ha raggiunto il 15,6%, contro una media regionale del 10,9%. Peggio ancora il dato sui Neet (15-29 anni), giovani che non studiano e non lavorano: 17,5% in provincia, ben sopra la media veneta (10,5%).
Su circa 3.000 diplomati polesani ogni anno, meno di 800 restano in provincia dopo il diploma, e solo 1 su 5 torna dopo aver conseguito una laurea”.
“Se non invertiamo questa tendenza – dichiara Mattia Albertin, coordinatore regionale di Volt Europa – Rovigo rischia di svuotarsi, nel senso più concreto del termine. Senza giovani, tra dieci anni ci ritroveremo con meno scuole, meno servizi, meno economia. Non possiamo accettare questa lenta agonia come se fosse inevitabile”.
“Non dobbiamo pensare di bloccare chi parte. Sarebbe un errore. Dobbiamo invece creare le condizioni perché quelle esperienze possano tornare a essere un patrimonio per il nostro territorio”. Si esprime così l’assessore regionale Valeria Mantovan sulla fuga di cervelli polesani.
Proprio in merito a questo interviene Mantovan: “Oggi non siamo più di fronte a un’emigrazione dettata solo dalla necessità, come accadeva in passato. I giovani si muovono perché possono farlo, perché il mondo è diventato più aperto, più connesso, più accessibile. Le barriere geografiche sono cadute, e la generazione attuale ha una naturale spinta a mettersi in gioco altrove, a conoscere nuove realtà, a crescere attraverso il confronto. E’ un segno di vitalità, non di debolezza”. Insomma, scelte più ponderate, seppur sofferte, rispetto quelle che mossero l’esodo del Mezzogiorno tra anni ’50 e ’60. Ma anche naturale istinto a guardarsi attorno, prosegue l’assessore regionale, mirando a est, come un “illustre conosciuto”: “Marco Polo, se non fosse partito, non avrebbe portato con sé nuove conoscenze, visioni, prospettive che hanno cambiato il corso della storia. Ma tutto questo non ci esime da un impegno ancora più deciso: è nostro dovere continuare a investire nelle politiche giovanili, nel potenziamento dei servizi, nella promozione della meritocrazia e nella costruzione di percorsi formativi che offrano sbocchi professionali concreti e coerenti con il cammino di studi intrapreso. Solo così potremo offrire ai nostri giovani non solo la libertà di partire, ma anche la motivazione a tornare e a investire il proprio talento nel futuro del nostro territorio”.
Volt propone un piano regionale per contrastare la fuga di cervelli, articolato in cinque misure concrete: “Rientro Giovani”: incentivi per chi torna in Veneto dopo esperienze altrove; creazione di un Polo dell’Innovazione a Rovigo, con fondi europei, per unire formazione post diploma, start-up tecnologiche e impresa sociale; sgravi fiscali per le imprese che assumono giovani a tempo indeterminato nelle province più colpite; investimenti in trasporto e digitale per rendere anche Rovigo, Adria e Badia Polesine luoghi attrattivi per lavorare, anche da remoto.
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