VOCE
IL SONDAGGIO
10.08.2025 - 20:19
Negli ultimi anni la provincia ha visto partire sempre più giovani, soprattutto laureati. Dal 2011 il numero di under 35 che hanno scelto di trasferirsi all’estero è quadruplicato. Solo nell’ultimo anno sono stati 192 i ragazzi che hanno lasciato il Polesine in cerca di migliori opportunità. Una vera e propria emorragia di talenti che solleva interrogativi sul futuro del territorio. Ma da cosa dipende questo fenomeno e come si possono convincere le nuove generazioni a restare?
Marta individua nel lavoro la prima causa della fuga: “Non ci sono prospettive per i giovani, soprattutto per chi ha una formazione umanistica. Trovare un’occupazione stimolante, con uno stipendio adeguato e che permetta di conciliare la vita privata, è davvero difficile. Poi c’è il problema delle case: in città mancano appartamenti in affitto, e questo rende complicato ottenere indipendenza. Anche la vita sociale non è certo vivace: l’ambiente influisce e spinge molti a cercare altrove, dove ci sono più possibilità e un contesto più dinamico”.
Per Paolo, la questione ha radici profonde nella storia e nella struttura economica del territorio: “Il Polesine è sempre stato una terra rurale. Per invertire la tendenza bisogna investire nelle politiche locali e pensare a un vero rilancio. Oggi la maggior parte dei giovani studia all’università, ma questa non è una terra capace di accogliere le loro competenze. Lo dico per esperienza: ho lavorato molti anni all’estero e ora anche mio figlio, laureato, è andato via perché qui non c’è nulla per lui. Non è un problema solo polesano, è una questione che riguarda tutta l’Italia.”
Tania sottolinea la necessità di interventi concreti e mirati: “Bisogna creare più opportunità di lavoro e introdurre incentivi per trattenere i giovani. E poi il problema della casa è reale: la mancanza di appartamenti in affitto spinge molti a guardare all’estero, dove le condizioni sono migliori”.
Andrea punta invece sul bisogno di stimoli e risorse: “Per fermare la fuga servono più risorse, sia per il lavoro che per la formazione. Bisogna dare ai ragazzi motivazioni e prospettive, perché chi se ne va lo fa sapendo che altrove può trovare opportunità che qui non ci sono”.
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