VOCE
ESTATE 2025
11.08.2025 - 15:14
Secondo Assobalneari, gli stabilimenti hanno perso tra il 20 e il 30% dei villeggianti rispetto al 2024, domenica esclusa. Il dato si inserisce in un quadro di rincari diffusi: Codacos e Altroconsumo segnalano aumenti medi del 5% per ombrelloni e lettini e del 10% per pedalò e canoe, ulteriori strati su una spirale dei prezzi giustificata negli anni scorsi prima con il Covid, poi con l’impennata delle bollette. Il risultato è una domanda più selettiva, con famiglie e giovani che tornano al pranzo al sacco e alle spiagge libere, mentre gli stabilimenti si ingegnano per riempire le file vuote.
Il malcontento è arrivato anche dai personaggi pubblici. Alessandro Gassmann, con un tweet velenoso, ha invitato i gestori a “rivedere i prezzi” per arginare il calo di presenze. Dalla Riviera, il cantante Mirko Casadei, figlio d’arte di Raoul, ha sintetizzato l’assurdo con una battuta che pesa: “Quando per due gamberi fritti spendi 25 euro, qualche domanda te la fai”.
In Veneto, tra Jesolo e Caorle, la paura della “desertificazione” porta gli operatori a copiare la grande distribuzione: formule “prendi tre e paghi due” sugli ombrelloni per stimolare la domanda. Sul lago di Como, trasformato in “Como Lake” dal turismo internazionale, il pienone regge nonostante i rincari: al Lido di Cernobbio una giornata costa da 20 a 35 euro a persona, segno che in alcune destinazioni il potere d’acquisto della clientela resta elevato.
In Liguria resiste la minuscola spiaggia libera di Paraggi, ultimo avamposto “low cost” incastonato tra lidi griffati Dior e Dolce & Gabbana. Ma il conto può arrivare dal parcheggio: chi arriva in auto rischia fino a 70 euro, un salasso che erode qualsiasi risparmio conquistato sulla battigia. Sulla Riviera romagnola, oltre ai prezzi, tengono banco le regole sulla sicurezza. A Rimini i bagnini di salvataggio hanno annunciato uno sciopero contro la nuova ordinanza che prevede un solo lifeguard ogni 300 metri. Dopo l’intervento della prefettura, la protesta si è trasformata in un flash mob simbolico in mare. Il segnale è chiaro: nelle località ad alta densità, l’equilibrio tra costi d’impresa e standard di sicurezza è sempre più complesso.
In Puglia la frisa diventa “deluxe”: nei lidi del Salento può arrivare a 17 euro. Al Togo Bay di Gallipoli due lettini e un ombrellone toccano quota 100 euro, mentre una settimana di locali e divertimento può costare fino a 150 euro. A Napoli, invece, la spiaggia libera di Mappatella Beach resta un approdo per chi non può permettersi 100 euro al giorno tra sdraio, ingresso e cibo. “La sabbia è di tutti, non si paga”, ripetono gli habitué: un mantra che racconta la geografia sociale del mare italiano. La Sicilia tiene più dei grandi hub turistici: i listini risultano in media 6 euro sotto la media nazionale. Ma i rincari non mancano: +6% per ombrelloni e lettini e un abbonamento giornaliero in crescita dell’11%, con picchi a Ustica fino a 44 euro al giorno e a Taormina dove si arriva a 150 euro nei lidi più esclusivi. In Sardegna, al Poetto di Cagliari, un tempo emblema della socialità popolare, una giornata in famiglia può superare i 100 euro. Lo denuncia Adiconsum: parcheggi, docce, lettini e snack sommano costi che trasformano il mare in un lusso non per tutti.
Sconti quantità, pacchetti “tre per due”, promozioni mirate nei giorni feriali: la tattica commerciale si affina per riempire le file di ombrelloni. È un tentativo razionale in un contesto di domanda elastica, ma rischia di essere un cerotto su cause più profonde: costi operativi saliti, stagionalità estrema, incertezza meteo, concorrenza delle spiagge libere e di destinazioni alternative. Laddove il brand territoriale è fortissimo (Como, Taormina), la disponibilità a pagare resta alta; altrove, la clientela domestica tira i remi in barca e fa i conti con budget compressi.
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