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"Il sei in condotta? può servire"

Le opinioni dei Rodigini: "ma occorre più responsabilità"

“Io preside a 70 km di distanza”

“Più autorevolezza ai docenti”, “Sia un’occasione di crescita per i ragazzi”

A partire dall’anno scolastico 2025/2026, che scatterà fra un mese, per essere promossi alle scuole secondarie non basterà più un sei in condotta.

La soglia sale a sette: chi si ferma al livello minimo dovrà affrontare un percorso formativo estivo, centrato su attività di cittadinanza attiva, con la stesura di un elaborato collegato ai comportamenti che hanno portato a quel voto. Ma i cittadini si dividono. È davvero una svolta educativa o solo un provvedimento simbolico?

Alberta resta scettica sull’efficacia del provvedimento: “Penso che questa misura non porterà a un gran cambiamento. Il problema sta più a monte: la figura dell’insegnante ha perso autorevolezza, non ha più il rispetto che merita. Non credo che alzare la soglia della condotta da sei a sette risolva davvero qualcosa. Gli studenti devono cambiare atteggiamento, sì, ma servono strumenti più concreti”.

Più favorevole Elisa, che vede nella novità un’opportunità per far maturare i ragazzi: “Penso sia giusto, perché responsabilizza. Avere un impegno da giugno a settembre, con un elaborato sulle tematiche della cittadinanza attiva, richiede attenzione e costanza. È un modo per far riflettere gli studenti sul proprio comportamento, e non passarci sopra come se niente fosse”.

Angelica, invece, pur condividendo l’intento, solleva dubbi sulla reale efficacia del metodo scelto: “L’idea è buona in teoria, ma nella pratica rischia di essere inefficace. Se i ragazzi poi scrivono l’elaborato con ChatGPT o se lo fanno fare da qualcun altro, perde tutto di senso. Sarebbe molto più utile fargli svolgere attività concrete per la comunità, come dei piccoli servizi sociali: qualcosa che li metta davvero in contatto con il senso delle regole e della responsabilità.”

Più equilibrato Egidio, che invita a leggere la misura come un’occasione di crescita, non una punizione: “Ha senso, sì. È un modo per far riflettere chi ha sbagliato, senza arrivare a bocciature drastiche. Non tutti maturano allo stesso tempo. Questo sistema permette di dare una seconda possibilità, con un percorso ragionato.”

La riforma del voto di condotta rappresenta, almeno nelle intenzioni, un segnale forte: la scuola non è solo il luogo del rendimento, ma anche quello della formazione civile e personale. Il comportamento torna ad avere un peso reale nel percorso scolastico.

Resta però da capire quanto questo cambiamento sarà effettivamente incisivo.

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