VOCE
GEOPOLITICA
11.08.2025 - 12:42
Non è solo una disputa di confini. Sotto le città contese e lungo i fiumi devastati dalla guerra si nasconde un tesoro da miliardi di dollari, fatto di metalli strategici, energia e acqua: ciò che alimenta l’hi-tech, la green economy e la sovranità alimentare. È questa la vera posta del vertice in Alaska tra Vladimir Putin e Donald Trump del 15 agosto, con Volodymyr Zelensky relegato al ruolo di incognita. Se l’Ucraina restasse fuori dalla stanza dei bottoni, il rischio per Kiev sarebbe di vedere la propria ricchezza naturale e la propria sicurezza scambiate sulla mappa come pedine di un accordo “imperfetto”.
Secondo fonti della Casa Bianca citate da Nbc, la presenza di Zelensky al vertice non è esclusa, ma appare improbabile in un faccia a faccia diretto con Putin. Trump potrebbe orchestrare un tavolo parallelo con Kiev, per ora frustrata dall’idea di un negoziato che la esclude e teme una vittoria unilaterale di Mosca mascherata da pace. L’ambasciatore americano alla Nato Matthew Whitaker ha definito “possibile” la partecipazione di Zelensky, che però non ha ancora ricevuto un invito formale. Sul formato, il consigliere del Cremlino Juri Ushakov ha spiegato che l’inviato speciale Steve Witkoff aveva ventilato un incontro a tre, ma Mosca preferisce concentrarsi su un bilaterale. A Washington prevale l’idea che Trump debba vedere prima Putin. Il vicepresidente JD Vance mette le mani avanti: “Probabilmente sia i russi sia gli ucraini alla fine rimarranno scontenti”, puntando a una convivenza “in relativa pace”.
Quando Trump parla di uno scambio territoriale, sul piatto non ci sono solo linee su una cartina. Il donbass custodisce la più grande riserva europea di manganese e titanio, oltre a uranio, grafite e caolino: risorse cruciali per microelettronica, aerospazio, batterie e rinnovabili. A sud, la regione di Cherson significa granai e soprattutto acqua: con la foce del Dnipro, è il bacino idroelettrico più importante del Paese. Il collasso della centrale di Kakhovka nel 2024 ha lasciato senza acqua il 94% dei sistemi di irrigazione a Cherson, il 74% a Zaporizhzhia e il 30% nella regione di Dnipropetrovsk. Per Kiev, cedere Cherson vorrebbe dire perdere il controllo sulla “guerra dell’acqua” e compromettere una colonna dell’economia agricola.
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