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TURISMO
11.08.2025 - 11:29
C’è un paradosso tutto italiano che scotta più della sabbia d’agosto: una legge c’è, i bandi quasi no. Mentre gli operatori balneari parlano di stagione fiacca e invocano protezione da Bruxelles, il dossier concessioni resta appeso a una doppia incertezza, politica e giuridica. Risultato: pochi Comuni si muovono, l’Unione europea respinge gli indennizzi e l’Italia rischia una sanzione da decine di milioni. Nel frattempo, il cronometro corre verso il 2027, tra ricorsi, sospensioni e ripartenze in tribunale.
La riforma approvata in Consiglio dei ministri lo scorso settembre e convertita a novembre mette fine al lungo ciclo di proroghe automatiche e introduce: - la proroga delle concessioni fino al 30 settembre 2027, lasciando ai Comuni la facoltà di avviare subito le gare; - la chiusura delle procedure entro il 30 giugno 2027 (prorogabile al 31 marzo 2028 in caso di contenziosi o impedimenti oggettivi); - una durata delle nuove concessioni tra 5 e 20 anni; - un meccanismo di indennizzo per i gestori uscenti limitato agli investimenti non ammortizzati degli ultimi cinque anni e a un’“equa remunerazione” da definire con decreto ministeriale.
In una lettera del 17 luglio, resa nota dalla stampa, la Commissione europea ha respinto la bozza di “decreto indennizzi” del ministero delle Infrastrutture. Secondo Bruxelles, il diritto Ue non consente compensazioni agli uscenti, tantomeno a carico dei subentranti, e la “equa remunerazione” funziona di fatto come una copertura del valore aziendale, in contrasto con le indicazioni già fornite. Anche il Consiglio di Stato, in un parere firmato dal presidente della sezione consultiva Luciano Barra Caracciolo, segnala l’incompatibilità con la direttiva Bolkestein e il rischio di immediata disapplicazione in sede amministrativa. Un ulteriore punto critico è l’effetto distorsivo: un costo extra che scoraggia i nuovi entranti e favorisce i soggetti più capitalizzati, penalizzando i piccoli operatori che la politica dice di voler tutelare.
Qui si innesta il contenzioso sulle proroghe. La Corte di giustizia Ue e il Consiglio di Stato hanno fissato al 31 dicembre 2023 il termine oltre il quale sono vietati rinnovi automatici. Le proroghe al 2020 e al 2033 sono già state disapplicate dai giudici. L’attuale estensione al 2027, “discrezionale” per gli enti locali, rischia di incrociare lo stesso destino. L’Autorità garante della concorrenza, che aveva impugnato al Tar le proroghe tecniche al 31 dicembre 2024 previste dalla legge Draghi in caso di “difficoltà oggettive”, potrebbe muoversi anche su questa nuova finestra. Se Roma non corregge il decreto sugli indennizzi e non allinea tempi e modalità delle gare alle regole europee, la procedura di infrazione può sfociare in una condanna con multa milionaria.
A quasi un anno dalla riforma, la messa a gara procede “a macchia di leopardo”. Secondo un censimento informale Anci, a maggio 2025 solo 26 Comuni hanno avviato le procedure: realtà del Veneto, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, Abruzzo, Lazio, Campania e Puglia. Tra queste spiccano Chioggia, Ravenna, Cervia, Misano Adriatico, Imperia, Chiavari, Lavagna, Camaiore, Forte dei Marmi, Pietrasanta, Viareggio, Carrara, Grosseto, Pescara, Fossacesia, Vasto, Fiumicino, Formia, Gaeta, Roma, Camerota, Minori, Sapri, Pontecagnano Faiano e Ginosa. La maggioranza dei Comuni, intimorita dal ginepraio normativo e dalla prospettiva di ricorsi, resta ferma.
Il caos regolatorio ha già prodotto verdetti opposti in tempi rapidi: - Napoli: l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale aveva deliberato proroghe, annullate poi dal Tar. A inizio agosto sono stati pubblicati i bandi per tre lotti a Posillipo. - Roma/Ostia: per le 31 concessioni sono arrivate 99 offerte, più 54 per le spiagge libere con servizi. La gara, sospesa in un primo momento dal Tar Lazio, è ripartita dopo l’intervento del Consiglio di Stato. Su tre lotti di spiagge libere non sono arrivate manifestazioni di interesse. L’obiettivo di aggiudicare in tempo per l’estate è sfumato.
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