VOCE
rosolina mare
13.08.2025 - 16:13
I primi dischetti neri di plastica sulla spiaggia di Rosolina Mare erano stati segnalati a gennaio da Riccardo Mancin di Plastic Free. Fin da subito, la situazione era apparsa preoccupante: i piccoli frammenti, utilizzati negli impianti di depurazione delle acque reflue, si depositavano ovunque lungo il litorale e insieme a loro comparivano anche spezzoni di guaina plastica, tutti della stessa misura.
“Parliamo ormai di migliaia di pezzi – aveva sottolineato Mancin nel mese di maggio – e il fenomeno continua a crescere". Nei mesi successivi, i dischetti sono stati trovati lungo tutta la costa adriatica, fino al mar Ionio, e persino in Sicilia. Davanti a questa diffusione, Archeoplastica, progetto nato nel 2018 per sensibilizzare sull’emergenza rifiuti in mare, è intervenuta con una call-to-action sui social. Chi ritrova i dischetti può raccoglierli e spedirli al dipartimento di scienze dell’ambiente e della terra dell’università Milano Bicocca, indicando data e luogo del ritrovamento.
L’obiettivo non è creare un archivio, ma analizzare come i dischetti si modificano a contatto con l’acqua salata: quali sostanze inquinanti hanno assorbito, come si sono alterati nel tempo e se possano veicolare altri contaminanti o microrganismi. I ricercatori cercheranno di rispondere a queste domande e Archeoplastica realizzerà anche una mappa interattiva dei recuperi.
Indagare sulle responsabilità non è semplice: i dischetti provengono da impianti di depurazione a biofilm in movimento (Z-Mbbr, Moving Bed Biofilm Reactor), ma non è chiaro quale azienda, pubblica o privata, possa aver causato lo sversamento. Archeoplastica ha presentato un esposto al Nucleo operativo ecologico dei carabinieri di Venezia e Padova e ha contattato l’azienda svedese produttrice dei dischetti per risalire ai clienti italiani. Ora il caso è seguito dall’Arpav di Rovigo, ma il mistero non è ancora dipanato.
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