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truffe online
14.08.2025 - 11:54
Una telefonata che sembra della banca, poi la voce suadente di un “ispettore” dalla Questura: la promessa di mettere al riparo i risparmi in un “conto sicuro”. In dieci giorni, quasi 50mila euro volatilizzati. È l’ennesimo raggiro a Ferrara, un caso che conferma la pericolosa evoluzione delle frodi telefoniche: vecchie pressioni psicologiche, nuovi travestimenti digitali.
Il 50enne vittima del raggiro secondo le prime ricostruzioni è al lavoro quando riceve una chiamata che appare come proveniente dal suo istituto bancario. L’interlocutore lo avverte di un presunto tentativo di trasferimento fraudolento dal suo conto e dichiara che una pec sarebbe già stata inviata alla Polizia. Seguono istruzioni dettagliate per spostare immediatamente i risparmi su un “conto sicuro”. A rafforzare la messinscena, arriva una seconda telefonata, apparentemente dalla Questura: dall’altra parte, un sedicente “ispettore De Angelis”, figura inesistente a Ferrara, lo rassicura che si tratta di una misura necessaria nell’ambito di un’indagine in corso.
La vittima, messa sotto pressione dall’urgenza costruita ad arte, trasferisce 48.900 euro. Dieci giorni dopo, i conti non tornano: l’uomo capisce di essere stato truffato e si rivolge alla Polizia. La Squadra mobile individua il conto di destinazione e lo sottopone a sequestro, ma quando scatta il blocco vi sono rimasti soltanto 5.000 euro.
Gli investigatori ricostruiscono un copione ormai collaudato: i truffatori operano con un raggiro “ibrido”, che combina capacità tecniche e pressione psicologica. Il conto di appoggio risulta intestato a un soggetto di Napoli, verosimilmente un prestanome utilizzato per schermare la filiera del denaro. Le verifiche proseguono per risalire alla catena di passaggi e agli autori dietro le utenze mascherate.
La tecnica usata è lo “spoofing”: grazie ad applicazioni informatiche, chi chiama o invia sms camuffa il proprio numero e fa comparire sul telefono della vittima l’identità di un mittente legittimo (banca, Carabinieri, Polizia). L’effetto è potente: l’utente riconosce un nome o un numero credibile, percepisce un pericolo imminente e abbassa le difese critiche. Il pressing emotivo — “bisogna fare in fretta” — riduce i tempi di verifica e orienta all’azione immediata.
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